Eutanasia: dj Fabo è arrivato in Svizzera, sono in corso visite. “Ma potrebbe ancora cambiare idea”

«Lo Stato obbliga a emigrare» per poterci «liberare da una tortura insopportabile e infinita». Così Fabiano Antoniani, noto come DJ Fabo, cieco e tetraplegico in seguito ad un incidente d’auto tre anni fa, nell’ultimo appello fatto due giorni fa, prima del suo viaggio di oggi in Svizzera per «poter morire», dov’è stato accompagnato da Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni.

 Non è la prima volta che l’Associazione Coscioni interviene, e Antoniani è il sesto di cui si ha notizia. Cappato ha annunciato oggi di aver accettato di aiutarlo su Facebook, ricevendo subito centinaia di commenti e condivisioni. Tutti messaggi per DJ Fabio, anche sul suo profilo social, di saluto, affetto, commozione, tristezza, «auguri di buon viaggio». Ma anche critiche allo «Stato sordo». A questi sono aggiunti però anche gli appelli come quelli di Dj Aniceto, «per favore vivi», e di Matteo Nassigh, 19 anni, disabile gravissimo dalla nascita, pubblicato stamani sull’Avvenire: «non chiedere di morire, noi non possiamo correre ma siamo pensiero, e il pensiero migliora il mondo».

 

Il dibattito sulle norme in materia di eutanasia è stato avviato in Parlamento per la prima volta nel marzo 2013 e attualmente vi sono sei proposte di legge (una di iniziativa popolare presentata proprio dalla Coscioni) che dovrebbero confluire in un unico testo di legge, ma è tutto fermo da un anno. Va invece un po’ più spedito il ddl sul Biotestamento, ma è stato proprio il terzo rinvio all’approdo in Aula alla Camera a determinare l’appello di due giorni fa di DJ Fabo al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per «sbloccare lo Stato di impasse voluto dai parlamentari». Da parte del Quirinale, però, finora non sono arrivati commenti.

 

“Ancora nessuna legge sul fine vita, una vergogna”, il terzo appello di Dj Fabo

 

In un video-appello del mese scorso «Fabo per vivere #LiberiFinoAllaFine», Antoniani, che si era rivolto all’Associazione Luca Coscioni per arrivare «al cuore della politica», spiegava di «non essere depresso e di mantenere tutt’ora il senso dell’ironia», ma di sentirsi umiliato dalle proprie condizioni: «immobile e al buio, considera la propria condizione insopportabile, consapevole che potrebbe durare per decenni».

 

Non è noto in quale clinica svizzera si sia recato Dj Fabio, ma nella confederazione elvetica organizzazioni quali Exit et Dignitas forniscono un’assistenza al suicidio nel quadro previsto da un articolo del Codice penale in virtù del quale l’assistenza al suicidio non è punibile se non vi sono «motivi egoistici».

 

Cappato in un video sul suo profilo Facebook ha spiegato questa sera di essere «in Svizzera con Fabiano Antoniani che oggi ha avuto la sua prima visita medica e domani mattina farà la seconda, per controllare le sue condizioni fisiche e anche per confermare eventualmente la sua volontà di ottenere l’assistenza medica alla morte volontaria». «Un tipo di aiuto e di assistenza – ha sottolineato – che dovrebbe essere riconosciuta a tutti i cittadini ovunque invece di condannare e costringere persone a questa sorta di esilio della morte che ritengo debba essere al più presto superato».

 

Beppino Englaro, padre di Eluana e protagonista di una lunga battaglia per il diritto all’autodeterminazione anche per chi non è più in grado di esprimere la sua volontà, sostiene che «L’eutanasia è una questione che tutte le nazioni civili devono affrontare, con la quale prima o poi ogni paese deve fare i conti e anche il nostro Parlamento deve dare delle risposte».

Alberto Gambino, giurista cattolico e presidente dell’associazione Scienza & Vita, vicina alla Cei, dal canto suo ha però invitato a distinguere tra la vicenda di DJ Fabo, «che merita pietà» e «lascia senza parole», e la proposta di legge sul biotestamento in discussione in Parlamento: «è strumentale fare come i Radicali, che legano le due cose per chiedere l’approvazione veloce della legge in Italia».

 

Fabiano Antoniani, milanese di 39 anni, sta vivendo la seconda delle sue due vite. Una da broker, assicuratore e poi dj di successo, «da ragazzo molto vivace e un po’ ribelle», come si racconta in un video, e l’altra nel buio, nell’immobilità. Fabiano è infatti cieco e tetraplegico dalla notte del 13 giugno del 2014, quando rimase vittima di un terribile incidente stradale: di ritorno da un locale del dj set milanese, per chinarsi a raccogliere il cellulare che gli era sfuggito di mano sbandò e la sua vettura impattò contro un’altra che procedeva sulla corsia d’emergenza. Fu sbalzato fuori dall’abitacolo e da lì ebbe inizio il suo calvario.

 

Del caso ha parlato anche mons. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna: «Le situazioni come quella che riguarda Dj Fabo, sono delle situazioni e delle condizioni su cui è difficile parlare, perché sono sempre situazioni di grande sofferenza personale. In questo c’è un riguardo, un’attenzione, un rispetto per la vita della persona. Certamente gli direi che la sua vita ha sempre un’importanza, non soltanto glielo direi ma proverei anche a manifestarlo. Per certi versi la sua stessa lotta può apparire come il dire: «Quanto è importante ancora!». Le sue parole sono state raccolte nella trasmissione «Stanze Vaticane» di Tgcom24.

 

«Sulla sofferenza personale, sulle difficoltà che sono purtroppo cosi evidenti per chi è affetto da quella malattia», ha detto Zuppi, «c’è soltanto la solidarietà e la vicinanza. Dobbiamo tener presente che la vita è sempre importante, è sempre bella. C’è un impegno in più credo per i cristiani di essere vicini a chi è nella sofferenza e aiutare sempre a combattere per la vita e mai per la morte».

 

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LA STAMPA

 

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