Voucher, l’attacco della Cgil: “50 cent all’Inps come l’aggio di Equitalia”
di BARBARA ARDU’
ROMA – Voucher all’ultimo miglio. Domani si riunirà il consiglio ristretto creato dal governo per mettere una “pezza” al referendum chiesto dalla Cgil, che vuole abolire i buoni lavoro del tutto. Susanna Camusso ha chiesto di indicare una data per votare, magari legando il referendum alle amministrative. E in attesa va avanti la campagna referendaria. La segretaria è in sala oggi alla presentazione di un dossier dell’Inca, il patronato della Cgil, da cui emergono almeno tre elementi certi.
Il primo è un po’ una sorpresa. Si scopre che su 10 euro di voucher, all’Inps e Inail vanno 2 euro e 50 centesimi. Ma gli ultimi 50 cent non vanno a formare la pensione né ad assicurare il lavoratore, bensì costituiscono quello che il patronato della Cgil chiama aggio, un po’ come quello richiesto da Equitalia per la riscossione dei tributi evasi. Nel 2016, a fronte di 133.800.000 voucher venduti, l’Istituto nazionale di previdenza ha incassato 67 milioni di euro. Ma cosa paga il percettore di voucher? “Forse la stampa del buono lavoro”? È la domanda retorica dell’Inca, visto che quella che viene chiamata quota di servizio (50 cent a buono) non è prevista, al momento, per nessun’altra prestazione previdenziale. Un balzello inesistente, che l’Inca condanna, vista anche la lentezza con cui l’Istituto accredita, nella gestione separata, i contributi previdenziali.
E sul futuro previdenziale dei voucheristi (il cui imponibile contributivo lordo annuo è pari a 9.333 euro) le cose stanno anche peggio. L’Inca ha messo a confronto un lavoratore a voucher con quattro categorie di lavoratori: un collaboratore, un part-time, una partita Iva, un lavoratore con il contratto agricolo. E le differenze sono significative.
Partita Iva VS voucher. La pensione sarà da fame per entrambi, ma per il voucher andrà peggio. 208,35 euro al mese contro i 402,51 del collega, dopo 35 anni di lavoro e solo 7 mesi annui di contribuzione. Niente invalidità mentre la reversibilità rimane una chimera. Per presentare la domanda i requisiti contributivi richiesti sono 15 anni di anzianità,
oppure almeno 5 anni di cui almeno 3 anni nei 5 anni precedenti la morte del lavoratore. Per maturare 5 anni di contribuzione entrambi devono lavorare 9 anni. Per metterne insieme 15, lavoreranno 26 anni.
Collaboratore VS voucher. Anche in questo caso il dato è esiguo per entrambi: 526,15 euro per il primo e 208,35 per il secondo.
Part time VS voucher. Al compimento dei 70 anni chi lavora in part time avrà diritto a una pensione pari a 528,35 euro mensili. Il voucherista, a parità di reddito arriverà a un assegno di quiescenza pari a 208,35 euro mensili. E per il lavoratore agricolo le cose vanno anche peggio. 1019 euro contro 811.
E per Morena Piccinini, presidente nazionale dell’Inca, la sfida è aperta. “Eliminare i voucher è necessario perché stanno nascendo nuove forme di lavoro peggiori, dagli scontrinisti, al lavoro a punti”.