Wall Street a 21mila punti. Milano in forte rialzo (2,3%) azzera perdite da inizio anno
di Chiara Di Cristofaro e Andrea Fontana
I mercati azionari europei apprezzano i toni concilianti utilizzati da Donald Trump nel suo intervento al Congresso e questo, unito all’attesa per i segnali che arriveranno dalla Federal Reserve entro fine settimana sul possibile rialzo dei tassi di interesse Usa a marzo, è bastato per sorvolare sui dettagli ancora scarsi delle misure economiche allo studio dalla nuova amministrazione Usa e per registrare una seduta in significativo rialzo per tutti i principali indici. Una Wall Street di nuovo da record (21mila punti nel Dow Jones) ha poi alimentato l’allungo pomeridiano con Londra al massimo storico a un passo da 7400 punti di Ftse100 e Piazza Affari capofila (+2,39% il FTSE MIB) capace di azzerare le perdite registrate da inizio 2017.
Il traino per il paniere delle big del listino milanese è arrivato in primo luogo dal settore bancario – a cominciare dal +5,6% di Ubi Banca e dal +4,2% di Intesa Sanpaolo – e da Eni (+3,3%) dopo i conti 2016 sopra le attese e le indicazioni del piano al 2020. E’ stata però Moncler (+5,7%) la migliore grazie ai risultati dell’esercizio scorso chiuso con 196 milioni di utile netto. Tonfo per C arige (-4,7%) dopo l’annuncio dell’aumento di capitale fino a 450 milioni di euro per compensare l’impatto dei crediti deteriorati.
La scommessa sui tassi Usa in rialzo a marzo (a questo proposito l’attesa è per l’Economic Outlook che Janet Yellen fornirà venerdì da Chicago) ha portato a vendite su Treasury e ad acquisti sul dollaro tornato vicino a 1,05 per un euro (per chiudere a 1,055 da 1,061 di ieri). Petrolio stabile (+0,1%) a 54,08 dollari al barile.
Tripletta di record alla Borsa americana
La seduta a Wall Street è all’insegna dei record per l’S&P 500, il Dow Jones (che tocca quota 21.000 per la prima volta) e il Nasadq. E questo nonostante il discorso del presidente Usa al Congresso sia stato privo di dettagli su un’agenda ambiziosa che prevede «notevoli» tagli delle aliquote e un piano da 1.000 miliardi di dollari per progetti infrastrutturali. Al mercato è comunque piaciuto il tono ottimista e meno cupo usato da Donald Trump, che ha cercato di tendere la mano a democratici e repubblicani in cerca di una unita’ senza la quale difficilmente riuscirebbe a realizzare i suoi piani. Intanto il mercato sembra prepararsi a una stretta da parte della Federal Reserve a marzo.
Intanto sono stati pubblicati i dati americani sulle spese per consumi a gennaio(incremento sotto le attese) e sui redditi personali (+0,4%, sopra le stime) nonché sul deflatore dei consumi (indicatore rilevante per la Fed per valutare l’evoluzione dei prezzi) risultato inferiore al target Fed del 2%.
Usa: +0,4% inflazione Pce a gennaio, +1,9% annuale, sotto target Fed
La misura preferita dalla Federal Reserve per calcolare l’inflazione, il dato Pce (personal consumption expenditures price index), è cresciuto dello 0,4% a gennaio su base mensile, mentre su base annuale, ovvero rispetto a gennaio 2016, è salita dell’1,69 al di sotto del 2% considerato ottimale dalla Federal Reserve per il 58esimo mese di fila. La componente “core” del dato, depurata dagli elementi volatili, è salita dello 0,3% su base mensile e dell’1,7% su base annuale, ai massimi dall’inizio del 2016. Inferiore alle stime il dato sulle spese per i consumi ma in positivo: i consumi sono cresciuti per il quinto mese di fila (+0,2%), anche se a un passo inferiore alle previsioni. Il dato potrà dare sostegno all’economia nei prossimi mesi. Anche i redditi personali sono aumentati (+0,4%), in questo caso più delle stime.
Pmi manifatturiero nell’area euro ai massimi da 6 anni
Migliora l’attività manifatturiera nell’Eurozona. A febbraio l’indice Pmi manifatturiero nell’area E19 è aumentato a 55,4 da 55,2 di gennaio. In Italia l’indice Pmi è salito a 55 punti dai 53 punti di febbraio, contro attese di 53,4 punti. Sul fronte americano, a gennaio gli americani hanno speso volentieri: i consumi negli Stati Uniti sono cresciuti per il quinto mese di fila, anche se a un passo inferiore alle previsioni. Il dato potrà dare sostegno all’economia nei prossimi mesi. Anche i redditi personali sono aumentati, in questo caso più delle stime. Secondo quanto riportato dal dipartimento del Commercio, le spese per consumi sono salite dello 0,2%, meno dello 0,3% atteso. In dicembre il dato era aumentato dello 0,5% (invariato rispetto alla prima stima). I redditi personali
sono saliti dello 0,4%, mentre gli analisti attendevano una crescita dello 0,3%, dopo il +0,3% di dicembre. La misura preferita dalla Federal Reserve per calcolare l’inflazione, il dato Pce (personal consumption expenditures
price index), è cresciuto dello 0,4% a gennaio su base mensile, mentre su base annuale, ovvero rispetto a gennaio 2016, e’ salita dell’1,69 al di sotto del 2% considerato ottimale dalla Federal Reserve per il 58esimo mese di fila.
Pil: Istat, nel 2016 sale dello 0,9%, più alto dal 2010
Il Pil ha registrato nel 2016 un aumento dello 0,9% in volume e ai prezzi di mercato è stato pari a 1.672.438 milioni correnti (+1,6%), registrando un’accelerazione rispetto al 2015, quando la variazione è stata di +0,8% (dato rivisto dal precedente +0,7%). Si tratta della crescita più significativa dal 2010 e più elevata rispetto alle previsioni del governo (+0,8%). Il Pil risulta trainato dalla domanda interna, sia i consumi finali, sia gli investimenti, come mostrano i dati del Conto delle risorse e degli impieghi.
Dollaro in progresso, aumentano le attese per un rialzo dei tassi Usa a marzo
Sul mercato valutario dollaro in rialzo sulle rinnovate attese di un rialzo dei tassi da parte della Fed già a marzo, dopo le dichiarazioni dei membri Fed di San Francisco e New York. L’euro è tornato sotto la soglia di 1,06 dollari (segui qui l’andamento dell’euro contro le principali divise e qui l’andamento del dollaro).
Wti conferma rialzi oltre i 54 dollari al barile dopo aumento sotto stime
Il petrolio quotato al Nymex, che si attestava in aumento prima del dato sulle scorte settimanali americane, si conferma in aumento sopra i 54 dollari al barile dopo che il dipartimento all’Energia ha pubblicato i numeri. Gli stock di petrolio sono aumentati per l’ottava settimana di fila, ma meno delle previsioni. Le scorte sono cresciute di 1,501 milioni di unità nella settimana chiusa il 24 febbraio, mentre gli analisti attendevano un rialzo di 2,4 milioni di barili. L’aumento è stato inferiore anche alle previsioni dell’American Petroleum Institute, che aveva anticipato un rialzo di 2,5 milioni di barili. Subito dopo la pubblicazione del dato i contratti ad aprile si attestavano a 54,33 dollari al barile, in aumento dello 0,6%, mentre in precedenza erano scambiati in rialzo a 54,28 dollari (ieri il greggio aveva chiuso a 54,01 dollari al barile). Al momento il contratto ad aprile si conferma in aumento, ma riduce i guadagni allo 0,13% a 54,10 dollari al barile.
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)