Cittadini Ue, quelle 85 pagine del questionario «impossibile»
Londra Bruno ed Emma hanno già deciso di fare le valigie e trovare riparo in Scandinavia. Lui, ricercatore francese nel campo delle energie rinnovabili, ha vissuto in Gran Bretagna per vent’anni. Ma è lei, la moglie inglese, la più incredula: il marito si è visto respingere la domanda di residenza permanente. E allora, nel clima di incertezza della Brexit, meglio alzare i tacchi e partire.
Come Bruno sono migliaia i cittadini europei che stanno cercando di conquistare lo status di residenti stabili, visto come un salvagente legale che può tutelare i diritti acquisiti dopo che Londra avrà lasciato l’Unione europea. Ma lo scoglio da superare è spesso insormontabile: e ha la forma di un questionario di ben 85 pagine zeppo di richieste astruse se non impossibili (solo le istruzioni sono lunghe 18 fogli). Il polacco Marek, pur armato di un master in Economia e di cinque anni di esperienza nella City, si è dovuto arrendere: non è neppure riuscito ad arrivare in fondo. La sua connazionale Marta sbotta: «Ti chiedono e richiedono la stessa cosa e non sai mai qual è la risposta giusta». All’ombra del superquizzone è spuntato pure un florido business, con «consulenti» che pretendono fino a mille sterline per compilarlo.
Il «papello» è stato istituito solo alla fine del 2015: prima, i cittadini Ue diventavano automaticamente residenti permanenti dopo cinque anni. Ma ora bisogna dimostrare di aver vissuto e lavorato in Gran Bretagna con continuità nell’ultimo quinquennio, producendo una pletora di documenti. Un esempio: il questionario chiede di registrare tutte le volte che si è lasciato il Regno Unito nel suddetto periodo. Impossibile, visto che da tempo non ci sono più i timbri sul passaporto per spostamenti nella Ue.
Poi vogliono buste paga, contratti di impiego, lettere dei datori di lavoro: richiesta impervia per tutti quelli che hanno operato nell’economia informale. In caso di lavoro autonomo, vogliono fatture ed estratti conto bancari. E se una è casalinga? Che si arrangi. In più, pare che al ministero dell’Interno siano diventati molto più rigidi nel valutare le richieste, se non altro perché le domande sono triplicate dopo il referendum dell’anno scorso. I tempi di attesa possono dilatarsi per mesi, durante i quali bisogna pure fare a meno del passaporto.
Gli studi legali specializzati rivelano di essere inondati di richieste da parte di persone che mai prima avrebbero pensato di dover acquisire la residenza permanente. Ma ora, con il diritto di vivere e lavorare nel Regno Unito messo in questione dalla Brexit, tanti si stanno ricredendo, convinti che acquisendo il nuovo status avranno qualche forma di protezione. Il governo di Londra assicura che si sta adoperando per rendere il processo «più rapido e più facile». E che non è necessario compilare tutte le 85 famigerate pagine, anzi che in alcuni casi basta seguire una procedura online. Ma nel frattempo, gli oltre tre milioni di europei che vivono e lavorano in Gran Bretagna restano in un limbo.
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