Ora nel Pd si smarcano gli uomini di Franceschini: Matteo, rinvia le primarie

fabio martini
roma

Nelle ultime ore il vento è sensibilmente girato e si capisce anzitutto dalle piccole cose. Ieri mattina Matteo Renzi, senza dirlo a nessuno, ha fatto un’improvvisata a Taranto per incontrare i lavoratori dell’Ilva e il reggente del Pd in città, Costanzo Carrieri, ha scritto su Twitter: «Vergognati di non avvisare il partito». Certo, lo sgarbo di un singolo non può far testo, ma il venir meno di un self control lessicale di solito precede fenomeni politici più corposi. Nel Pd non siamo al «25 luglio», alla rivolta di una intera classe dirigente nei confronti del capo, ma il doppio terremoto – le tessere taroccate in Campania e la vicenda di papà Renzi – sta scuotendo il nucleo più vicino al segretario.

 In particolare gli ex Popolari raccolti attorno a Dario Franceschini si sono riuniti e stanno ragionando se non sia il caso di chiedere un gesto di responsabilità ai tre sfidanti: rinviare le Primarie. Facendo leva su un ragionamento elementare: con un Pd impelagato sulla questione delle possibili infiltrazioni camorristiche sulle tessere in Campania e costretto alla difensiva dalla vicenda Consip, affrontare una dura battaglia intestina, «sarebbe profondamente autolesionistico», come confida uno dei big della corrente. Certo, in quest’area del partito la convinzione è che dal punto di vista giudiziario, la vicenda Consip non sia destinata a sviluppi clamorosi, meno che mai ai danni del leader del Pd.

 

Ma i principali alleati del segretario sono preoccupatissimi dall’idea di «sposare» Renzi e ritrovarsi poi ad appoggiare un candidato «azzoppato» e perciò nelle prossime ore eserciteranno una offensiva, in vista di un passaggio dirimente: lunedì 6 marzo saranno presentate le mozioni dai candidati alla guida del Pd, che dovranno essere successivamente sottoscritte dai parlamentari. Anche su questo fronte la raccolta» dei renziani fa segnare qualche difficoltà: da indiscrezioni non confermate pare che i deputati pronti a sottoscrivere la mozione-Renzi siano circa 190, ma considerando che quelli di Area-Dem (Franceschini-Fassino) sono una novantina, i «renziani» doc sarebbero un centinaio, non molti di più di quelli che si preparano ad appoggiare il ministro Andrea Orlando.

 

Una contabilità relativamente interessante, soprattutto rispetto a quella che preoccupa il governo Gentiloni. Dopo la durissima condanna di Denis Verdini, capofila del gruppo di Ala, al Senato spesso decisivo per le sorti del precedente esecutivo, i numeri della maggioranza tornano a «ballare», in particolare in vista della votazione della mozione di sfiducia dei Cinque Stelle nei confronti del ministro Luca Lotti: cosa faranno gli scissionisti del Pd? «Vedremo», dice Alfredo D’Attorre e significa che non hanno ancora deciso. Hanno invece deciso come votare alle Primarie gli amici di Enrico Letta. L’ex presidente del Consiglio che confida di essere «preoccupatissimo» dal quadro interno e internazionale e pensa sarebbe utile una «ricucitura», intende restare fuori dalla contesa congressuale ma i parlamentari a lui vicini (Marco Meloni, Carlo Dell’Aringa, l’ex ministro Maria Chiara Carrozza, l’eurodeputata Alessia Mosca) e diversi consiglieri regionali e amministratori locali hanno deciso di schierarsi con Andrea Orlando, in quanto candidato col profilo più unitario.

 

Ieri Matteo Renzi ha proseguito il suo giro d’Italia senza fare dichiarazioni ai Tg, ostentando tranquillità e digitando messaggi a metà tra il descrittivo (A #Matera sui cantieri della Capitale della cultura 2019 #incammino”) e i consueti superlativi: «In terra di Puglia, confrontandosi con gli abitanti della meravigliosa Castellaneta #incammino». Oggi a Roma sarà interrogato suo padre Tiziano, al termine di 78 ore, durante le quali sono stati fatti girare verbali, sono trapelate indiscrezioni, con una «cottura» tipica in queste circostanze. Il segretario del Pd fa sapere di essere tranquillo, di confidare nella giustizia, ma in queste ore è diventata chiara anche a lui, la «gabbia» nella quale rischia di trovarsi: con il clima di sospetto che circola in Italia, Renzi farebbe fatica ad essere creduto là dove dichiarasse di essere del tutto inconsapevole delle trame organizzate da amici e parenti toscani; al tempo stesso sa che, per la psicologia collettiva degli italiani, prendere le distanze dal proprio padre, potrebbe essere ancora più dannoso.

LA STAMPA

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