Quella rete di 007 e potenti per accaparrarsi gli appalti
Basso profilo, ottime entrature, alte conoscenze. Il combinato disposto delle scarne cronache mondane e di quanto invece raccontano gli atti giudiziari disegnano la ragnatela dei contatti di Alfredo Romeo, poco visibile – come l’uomo, piuttosto schivo in rapporto al suo potere e all’influenza sulla città e sulla politica, locale e non solo – ma variegata e solidissima, in grado di assistere l’imprenditore sia nell’opera di lobbismo che nella raccolta di informazioni utili alla sua causa.
Si va dai servizi segreti, con i quali sarebbe in contatto soprattutto il suo superconsulente, Italo Bocchino, del quale gli inquirenti sottolineano l’onorevole passato da componente del Copasir come prova di una certa inclinazione per le barbe finte, fino alla giustizia amministrativa, casella fondamentale per chi è a capo di un impero che si fonda su appalti pubblici e relativi ricorsi. E si passa per la politica, che già prima del nuovo millennio lo aveva visto aggiudicarsi – con consenso politico trasversale – la gestione del patrimonio immobiliare di Napoli prima e poi di Roma. Gettando le basi delle fortune del suo gruppo, sempre attento alle relazioni di alto profilo.
Non è un caso, forse, che finora l’inchiesta abbia visto finire nel registro degli indagati tanti nomi eccellenti, per quanto molti di loro (come quello del Comandante generale dell’Arma, Tullio Del Sette, per alcuni prossimo a sfilarsi dalla magagna: sarebbe pronta l’archiviazione, e quello del ministro dello Sport Luca Lotti) ci sono finiti proprio perché avrebbero messo in guardia i vertici Consip da Romeo, che scottava in quanto sotto inchiesta a Napoli. Eloquente in questo senso l’istantanea dell’imprenditore riassunta nell’ordinanza di arresto per sintetizzare l’indagine partenopea: «Lo stesso (Romeo, ndr) sarebbe stato captato mentre era intento nel progettare e consumare una serie di infiltrazioni criminali in appalti pubblici mediante l’uso sistematico della corruzione».
E ancora nell’ordinanza il gip riporta uno dei fogli di cui Romeo si era disfatto, recuperati in discarica dai carabinieri a novembre scorso. Non è un pizzino, ma il riepilogo di una serie di omaggi del suo albergo che ha per oggetto «Chiusura conto avv. Romeo» ed è datato 3 novembre 2015. Gli inquirenti lo mettono in evidenza perché è la traccia di un soggiorno pagato dall’imprenditore a Carlo Russo, l’amico di Tiziano Renzi, come il papà dell’ex premier indagato per traffico di influenze e interrogato ieri da pm di Roma e Napoli (Russo a Firenze, Renzi senior a Roma). Ma oltre al soggiorno da 3.200 euro per Russo, in quell’appunto saltano agli occhi i nomi di altri beneficati dalla munificenza di Romeo alla fine di ottobre del 2015, e tra questi colpiscono il «presidente De Luca», il «sig. Caldoro» e il «sig. Lettieri». Che siano omonimi del governatore e dei due esponenti del centrodestra campano o la prova delle attenzioni riservate agli ospiti «eccellenti» dell’hotel gli inquirenti non lo dicono.
Si dà invece per certo l’uso dell’hotel Romeo come mezzo per offrire «vantaggi gratuiti» a «terzi». E l’hotel, secondo la procura e secondo il «grande accusatore» Marco Gasparri, sarebbe anche il mezzo attraverso cui Romeo produce il nero per stipendiare le persone sul suo libro paga segreto. Quanto alle entrature e alla rete di conoscenza funzionale al suo «sistema», è lo stesso Romeo, stando a quanto raccontato proprio da Gasparri, che sostiene di essere arrivato a bussare ai piani alti della centrale acquisti della pubblica amministrazione grazie a conoscenze altolocate: «Romeo mi disse – mette a verbale Gasparri – che il suo intento di avvicinare i vertici di Consip si era realizzato attraverso interventi politici di altissimo livello». Ed è ancora Gasparri a mettere agli inquirenti una pulce nell’orecchio anche a proposito del legame tra l’imprenditore partenopeo e la giustizia amministrativa. Una di quelle entrature che per Romeo e per chi fa il suo mestiere è fondamentale. Esaurite tutte le altre carte, lecite o illecite che siano, l’ultima arma per tentare di contrastare l’agguerrita concorrenza per i maxi appalti è il ricorso. Le pressioni dovranno provarle i magistrati. Ma i ricorsi sono un dato di fatto. Anche nella ricchissima gara per la gestione degli immobili dell’Inps, quando Romeo sembrava aver perso, con l’aggiudicazione a un’altra ditta, la Prelios, sono stati gli esposti alla giustizia amministrativa a bloccare tutto, da anni. I ricorrenti? Romeo e i francesi di Cofely, quelli che secondo le dichiarazioni ai magistrati dell’Ad di Consip, Luigi Marroni, erano sponsorizzati da Denis Verdini.
IL GIORNALE