Inchiesta Consip, una domanda a Matteo Renzi: fu tutto a sua insaputa?
di Tommaso Cerno
Nemesi vuole che già Dante Alighieri, fiorentino, esiliato per giunta dalla sua città, scrivesse nel Purgatorio che «rade volte risurge per li rami l’umana probitate», cioè che poco spesso le virtù dei padri (di conseguenza i difetti) passano ai figli. E questo perché, nella visione medievale dei destini, spettava solo a Dio diffondere sapienza e virtù. Ecco perché l’inchiesta firmata da Emiliano Fittipaldi e Nello Trocchia , che mette in luce un “sodalizio” e rivela nuovi, importanti elementi nelle relazioni pericolose – in terra di Toscana – fra Tiziano Renzi, padre dell’ex premier ed ex segretario Pd Matteo, Denis Verdini, ex berlusconiano legato ai Renzi da avventure di altri tempi e poi divenuto stampella del governo piddino, e Luca Lotti ci pone di fronte a una questione fondamentale. Quella di sapere, con certezza, cosa Matteo Renzi sapesse, direttamente o indirettamente, rispetto ai fatti ipotizzati nell’inchiesta Consip. Ombre che si stendono su tre figure chiave: il genitore, l’alleato scomodo, l’amico e fedelissimo di governo.
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Non si tratta di fare congetture. La partita politica che Renzi sta giocando ha avuto inciampi senza bisogno di passare dal fascicolo di un pm. Non possiamo affermare, perché è una circostanza di cui l’indagine non si occupa, che il Renzi politico, il Renzi premier, il Renzi segretario avesse un qualsiasi tipo di ruolo, ma proprio perché la storia che raccontiamo lascia zone grigie, abbiamo il dovere di porre alcune domande. E chiediamo che sia l’ex presidente del Consiglio a rispondere. Presidente, era al corrente di ciò che avveniva, o tutto è stato fatto a sua insaputa? L’amministratore della Consip, Luigi Marroni, nominato dal suo governo, le aveva mai fatto cenno a presunte sollecitazioni, inviti da parte di persone a lei così vicine? Nel caso in cui qualcosa le fosse giunto all’orecchio, che cosa è stato fatto per porre fine a tutto questo? Per prendere le distanze, politicamente prima di tutto, da qualcosa che somiglia a un groviglio di relazioni che si vuol mutare in “sistema”. E se invece non è così, questo significa che c’è un uomo ai vertici di una società pubblica come la Consip che avrebbe ricostruito di fronte ai magistrati una realtà immaginaria? Perché allora Marroni sta ancora al suo posto?
L’ESPRESSO
This entry was posted on sabato, Marzo 4th, 2017 at 14:04 and is filed under Editoriali - Opinioni. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.