Stress, inciampi e chili di troppo Adesso l’ex premier non sorride più
Non è più lui, quello incontenibile e spavaldo di prima del 4 dicembre. Sente che i suoi proclami non mordono più. Cerca di dettare l’agenda della politica, ma invano. Non gliene va bene una. L’incarognimento della politica sfrutta le vicissitudini del padre. E lo prendono anche in giro perché ha messo su, sarà per lo stress, qualche chilo di troppo. Glielo rinfacciano e lui, Matteo Renzi, ex premier ed ex segretario del Pd, se la prende molto. Che poi, che male ci sarebbe a vivere per un po’ la condizione dei sovrappeso?
Niente di male. Ma lui si offende, come l’altra sera a Otto e mezzo con Lilli Gruber. Ha clamorosamente perso l’ordalia referendaria, in una misura che nemmeno lui si aspettava così massiccia, tanto da indurlo a lamentarsi per il troppo odio che il suo nome aveva suscitato. Ora viene messa in mezzo la sua famiglia. Lui sembra rispondere in modo goffo, mettendosi sull’onda delle sirene giustizialiste, tuonando sulla condanna «doppia» che dovrebbe colpire suo padre se risultasse colpevole. Poi, punto nei suoi affetti più profondi, reagisce con una lettera molto dura, e a ragione, sullo «squallore» di Beppe Grillo che aveva insinuati dubbi pesanti sulla tenuta dei rapporti nella famiglia Renzi. Però Matteo Renzi sta attraversando questi primi mesi come un politico imballato. Non sorride quasi più. Si sente assediato, non riesce più ad azzeccare la trovata che mette in difficoltà i suoi avversari. Che sentono l’odore del sangue e si aggirano come squali, fuori da sempre dal Pd, appena fuori dal Pd, anche all’interno del Pd.
Lui aveva architettato un percorso, che oggi si dimostra molto più irto di ostacoli di quanto si immaginasse il 4 dicembre. Pensava di giocare la grande rivincita elettorale in tempi brevi, ma i tempi brevi si dilatano sempre di più. Pensava che a succedergli a Palazzo Chigi ci sarebbe stato un governo debole, guidato da una figura come Paolo Gentiloni con cui la collaborazione era stata proficua, sostenuto dalla presenza di due fedelissimi come Maria Elena Boschi e Luca Lotti. Ma il governo, a meno di imboscate paradossalmente aiutate dalla minoranza che si è scissa dal Pd e che potrebbe accodarsi alla richiesta di dimissioni di Lotti, sembra tutt’altro che in bilico. Renzi pensava che per contrastare la bocciatura della Corte Costituzionale riservata al ballottaggio, avrebbe potuto imporre il modello del Mattarellum: ma oggi non ci crede nemmeno lui. Pensava che il ministro dell’Economia facesse la faccia arcigna sulle richieste austere dell’Europa, ma con scarsi risultati. Pensava di liberarsi di un fardello con la fuoriuscita dal Pd della minoranza ostruzionista, ma la scissione ha liberato correnti interne al Pd che prima si erano schierate con l’ex segretario. Pensava che la separazione di Emiliano dagli scissionisti avrebbe indebolito il fronte dei fuoriusciti, ma Emiliano dentro il partito si sta dimostrando molto più devastante. Voleva un congresso in tempi rapidissimi, ma le primarie finiscono negli ultimi giorni di aprile, rendendo assolutamente impossibili le elezioni a giugno: e pensare che su uno spostamento negato di date si è consumata addirittura una scissione.
Ora Renzi sembra esitante, intimidito, persino le primarie nel Pd non appaiono più la marcia trionfale come era scontato che fossero. Dice che le elezioni ci saranno quando lo decide il governo. Non si fida più di nessuno. Spera che il prossimo appuntamento al Lingotto smentisca questa fase negativa, che rimetta nelle sue mani l’agenda della politica e che le sue promesse siano credute o che almeno appaiano credibili. Spera di uscire dall’assedio. Dimagrendo un po’ forse, e ripensando agli errori del 4 dicembre.
CORRIERE.IT
This entry was posted on domenica, Marzo 5th, 2017 at 09:37 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.