“Non è la storia di Bocelli ma del suo coraggio infinito”
La storia vera di uno dei cantanti più amati del mondo, che ha scelto di vivere sfidando la sua condizione: «Passo il mio tempo a non fare il cieco, all’attore che mi interpreta devi dire soprattutto questo», gli ha consigliato Andrea Bocelli.
«Di Bocelli – spiega Radford – mi ha colpito il modo con cui gestisce la cecità, semplicemente ignorandola. L’ho visto fare cose incredibili, tipo andare a cavallo a perdifiato, come se niente fosse. Quando gli ho chiesto come facesse, mi ha spiegato che chi non ha la vista sviluppa molto tutti gli altri sensi e quindi, con il mondo animale, comunica meglio di chi vede».
Nel film, prodotto da Roberto Sessa, scritto dal regista con Anna Pavignano, sua collaboratrice dai tempi del sodalizio con Massimo Troisi, Bocelli si chiama Amos Bardi, un alter-ego che canta con la voce della star: «Volevo allontanarmi da qualsiasi accenno documentaristico, evitare qualunque dettaglio di cronaca, il protagonista è Bocelli ma senza esserlo, e questo mi ha offerto maggiore libertà. Mi interessa sempre raccontare la vita provando a darle un ordine che non ha, tanto più quando è drammatica».
E in questo caso la materia non mancava: «Andrea è nato ipovedente, a 11 anni una pallonata in faccia lo ha del tutto privato della vista». Una sfortuna enorme a cui si poteva rispondere solo in modo altrettanto esagerato. Bocelli, osserva Radford, ha scelto la strada della sfida: «Per tre volte ho rifiutato la proposta di questo film, girare storie su persone vive e vegete comporta sempre problemi. Poi ho conosciuto Andrea, mi hanno toccato il suo coraggio e la sua disponibilità. E poi mi sono fidato della sceneggiatura di Anna Pavignano».
Girato tra Roma, Pisa e Volterra, i luoghi in cui il tenore è cresciuto, La musica del silenzio sarà pronto a fine maggio, in tempo per essere visionato dai selezionatori della prossima Mostra di Venezia: «Siamo in post-produzione, nella fase del montaggio e del suono che è, ovviamente, complicatissima».
Per la musica Radford ha sempre nutrito una grande passione: «Purtroppo non sono diventato musicista, avrei voluto essere pianista. La musica è per me molto importante, per questo ho fatto un documentario su Van Morrison e il film su Michel Petrucciani Body & Soul». Il vero Bocelli, nella Musica del silenzio appare solo all’inizio e alla fine del racconto. Intorno al protagonista si muovono le figure del maestro di musica interpretato da Antonio Banderas, responsabile della scoperta della voce di Bocelli e anche della battuta che ha dato il nome al libro e ora al film («Bisogna imparare a stare zitti e ad ascoltare il silenzio, fino a riconoscere il rumore dei capelli che si muovono»), della madre Luisa Ranieri, del padre Jordì Molla, dello zio Ennio Fantastichini, di Nadir Caselli e di tanti altri attori, che hanno accettato anche piccoli ruoli: «Sono rimasto attonito dalla bravura di tutti».
Con il nostro Paese, dall’epoca del Postino, Radford ha mantenuto un legame speciale: «Forse è perché sono diverso dagli italiani, forse perché l’Italia mi aiuta a liberarmi dalla naturale timidezza, forse per via di una cosa che mi è successa quando avevo 17 anni». Segue una pausa. E poi un sorriso: «Non l’ho mai raccontato prima, una zingara mi prese la mano e mi disse: “Tutta la tua fortuna è in Italia”».
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