Gentiloni è già pronto per il dopo-Renzi: “Meno tasse sul lavoro”
Roma – Il governo Gentiloni ci prova. Sempre meno vincolato dai diktat di Matteo Renzi, impegnato nelle vicende familiari e di partito, l’esecutivo che era nato come balneare ora si può permettere il lusso di guardare lontano e varare un fase due.
Dove la fase uno è da intendersi non tanto come i primi mesi del governo in carica, ma i tre anni del precedente, quello guidato appunto dal segretario Pd.
I segnali ci sono da tempo. Prima le voci di un ultimatum del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che avrebbe minacciato le dismissioni se il governo non si fosse messo a fare le riforme. Subito smentite, anche se la voglia di fare un salto in avanti o un passo di lato emerge da tante mosse di Padoan. Di certo e consolidato dalle parti di via XX Settembre, c’è la volontà di ricucire i rapporti con la Commissione europea. Padoan è ripartito dalla trattativa giorno per giorno con Bruxelles che, sul versante nazionale, era ed è il suo principale compito, nonché punto di forza. La differenza rispetto al primo giro di giostra è che con Gentiloni non ci saranno i colpi di testa del premier che fanno saltare i negoziati sul più bello. Un classico dei rapporti Padoan-Renzi.
Libero dalla campagna elettorale permanente del precedente esecutivo, Gentiloni e il ministero dell’Economia si possono permettere di ricominciare a pensare a scelte che incidano sul medio e lungo termine. O almeno ci vogliono provare.
Ieri un retroscena del Corriere della Sera ha ipotizzato che il nuovo corso sarà caratterizzato da una scelta forte che verosimilmente sarà un taglio del cuneo fiscale, cioè del costo del lavoro e, più nello specifico, la differenza tra quanto un dipendente costa al datore e quando il primo si mette effettivamente in tasca. In realtà era anche un punto qualificante del programma di Renzi, ma il suo governo ha concentrato le risorse su altre priorità come i bonus.
Ieri Gentiloni ha cercato di rivendicare una qualche continuità con il governo Renzi, prendendo le distanze dalle turbolenze politiche. «Mi rendo conto che io possa apparire e fare un po’ la parte del marziano, di quello che non si rende conto. Vi assicuro che mi rendo conto delle difficoltà, ma noi abbiamo una responsabilità verso il Parlamento e verso i concittadini. Abbiamo un governo, una maggioranza solida e una serie di riforme decise dal governo di cui già facevo parte guidato da Matteo Renzi da completare e attuare».
Un ruolo di primo piano in questa fase lo avrà Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico che ha più volte criticato al politica dei bonus, che è poi quella che ha caratterizzato Renzi, dagli 80 euro in busta paga alle misure per le pensioni fino ai 500 euro in buoni cultura peri i 18enni.
Scelte che hanno condizionato in modo pesante e in negativo il giudizio delle istituzioni europee sull’Italia. Il problema è che il taglio del cuneo fiscale, misura auspicabile e sulla quale sono tutti d’accordo, nelle raccomandazioni europee va sempre a braccetto con un aumento delle imposte indirette. E quindi dell’Iva, su beni e servizi. Una sacrificio che il governo in carica potrebbe decidere di fare. Anche perché gli unici consumi che aumentano sono quelli di merci straniere.
IL GIORNALE