Le primarie Pd in Procura: Emiliano “arresta” Orlando
Va detto che dell’argomento «conflitto d’interessi» Michele Emiliano è sicuramente un grande esperto.
È magistrato (in aspettativa da 13 anni, e sotto processo al Csm per illecito disciplinare con l’accusa di aver violato la norma che vieta alle toghe di partecipare attivamente a formazioni partitiche). È presidente di Regione (aveva detto: «Se mi candido presidente sputatemi in un occhio»). È candidato alla segreteria nazionale del Pd (aveva detto: «Non mi candiderò assolutamente, già la Regione è un compito superiore alle mie capacità»). È testimone volontario nell’inchiesta Consip. Utilizza la medesima inchiesta per dare addosso al suo competitor Matteo Renzi, brandendo sms appositamente conservati.
E ora, per chiudere il cerchio, accusa proprio di conflitto d’interessi l’altro suo competitor, Andrea Orlando, cui ha praticamente intimato di dimettersi da ministro e possibilmente anche da candidato: «Sul caso Consip il ministro Orlandosi trova in una situazione potenziale di conflitto d’interesse, perché esercita l’azione disciplinare su chi indaga e anche su di me», ha concionato in tv, gentilmente invitato per la seconda volta consecutiva da una simpatetica Lucia Annunziata. «È una persona onesta e mite – ha poi concesso al Guardasigilli suo avversario – ma l’idea della discesa in campo in questa vicenda complessa è ad altissimo rischio di conflitto d’interesse istituzionale. Ciascuno deve tutelare la sua funzione istituzionale, il governo e il paese di cui fa parte, è bene che decida lui se dimettersi».
Ovviamente è comprensibile che Emiliano immagini di poter vincere le primarie se tutti i suoi avversari venissero tolti di mezzo, magari grazie al fumoso caso Consip. Ma i suoi contendenti non sembrano intenzionati a fargli questo regalo. Orlando, com’è facile capire infuriato dal colpo basso di Emiliano, non replica e lascia che sia il responsabile della sua campagna, Andrea Martella, a diffidarlo dal tentativo di «liquidare fin dalle prime battute una sfida» che dovrebbe essere «basata sul dialogo e sul rispetto». Emanuele Macaluso, anch’egli insultato da Emiliano in tv («è contro i magistrati»), ricorda all’ex pm che «un magistrato che si candida a segretario di partito rappresenta una anomalia grave della nostra democrazia», oltre a «violare una legge», e che la magistratura andrebbe «difesa da un personaggio che col suo comportamento la mortifica».
Durissima anche la viceministra Teresa Bellanova, pure lei colpita da allusioni dell’ex pm: «Ci stiamo difendendo – si chiede – da un signore che utilizza evidentemente senza scrupoli la ribalta mediatica o da un magistrato che, in qualsiasi momento, potrebbe riprendere il suo ruolo inquirente? Se non sbaglio è questo il punto su cui persone per bene si stanno in queste ore interrogando».
Del resto il salto da un ruolo all’altro Emiliano lo ha già fatto. Da oscuro pm di Brindisi, noto solo perché girava con la pistola, si gettò con entusiasmo nel 2000 su un servizio di Panorama che denunciava presunti scandali attorno alla Missione Arcobaleno gestita dal governo allora presieduto da D’Alema per dare aiuti umanitari ai profughi del Kosovo. Trasformò gli articoli in inchiesta, arrestando gente a destra e a manca e indagando un sottosegretario di D’Alema e due parlamentari dalemiani. Di lì a pochi anni, mentre l’inchiesta (poi prescritta) sobbolliva, fu proprio D’Alema a lanciarlo in politica, candidandolo a sindaco di Bari, nella sua Puglia. Ora Emiliano dice: «Come è noto, non ho mai avuto una relazione politica con D’Alema». E denuncia i conflitti d’interessi. Ma quelli degli altri.
IL GIORNALE