I pm di Roma ora indagano sugli uomini di Woodcock
Troppi spifferi e giro di notizie tra i soliti ignoti. Su questo tema interviene la magistratura e si fa sentire anche Marco Lotti, padre di Luca, ministro per lo Sport.
È l’inchiesta dei padri. Marco Lotti dice, al margine di un incontro organizzato dal Pd a Montelupo fiorentino: «Mio figlio è tranquillo, noi un po’ meno. La verità verrà fuori, e non mi interessa se verrà messa in 28esima pagina. Mi interesserebbe piuttosto che chi sparla poi venisse veramente punito. Chi volutamente dice menzogne o bugie, dovrà essere ripagato con la stessa moneta».
La violazione del segreto istruttorio nell’inchiesta Consip è al centro dei procedimenti aperti contro ignoti dalla Procura di Roma. La fuga di notizie fa puntare il dito contro i pubblici ufficiali indagati e già sotto la lente d’ingrandimento. Tra questi spicca il generale Emanuele Saltalamacchia, comandante della Legione carabinieri Toscana, amico di Tiziano Renzi, che durante un pranzo a casa del padre dell’ex premier, secondo quanto riportato nelle intercettazioni dei militari del Noe, gli disse senza mezzi termini di «non parlare con Alfredo Romeo».
Le misure prese dai pm riguardano anche la pubblicazione di alcuni atti d’indagine secretati. Per questo le indagini sono state tolte al Noe di Napoli, che lavorano spesso con il pm Henry John Woodcock, e sono state passate agli uomini del Nucleo investigativo di via in Selci a Roma. Saltalamacchia, indagato insieme al ministro Luca Lotti e al comandante generale dell’Arma Tullio Del Sette per rivelazione d’atti d’ufficio, anni fa era in servizio proprio a Napoli, alla «compagnia Vomero» e potrebbe aver avuto contatti proprio con i militari del Noe. Ed è giallo anche sull’incontro, a dicembre scorso, tra Tiziano Renzi e «Mister X» un misterioso personaggio che il padre del segretario uscente del Pd ha raggiunto all’aeroporto di Fiumicino. Renzi senior partì da Rignano sull’Arno, facendosi più di 300 chilometri, per vederlo per soli 44 minuti. Agli inquirenti, che lo hanno interrogato l’altro ieri, avrebbe detto che si era trattato di un «incontro di lavoro». Il fatto è che quel contatto corrisponde con la telefonata tra Roberto Bargilli, detto Billy, assessore di Rignano e autista del camper di Matteo Renzi e Carlo Russo, il faccendiere tra i personaggi chiave dell’inchiesta. La chiamata, a quanto pare, servì per dire a Russo di non chiamare Renzi senior perché si era appreso che il suo telefono era intercettato. Che la fuga di notizie sia arrivata dal famoso signore fotografato con Tiziano Renzi? «Scusami – disse Bargilli a Russo – ti telefonavo per conto di babbo, mi ha detto di dirti di non chiamarlo e non mandargli messaggi». Una strana coincidenza, visto che l’intercettazione aveva preso il via solo due giorni prima.
Cosa certa è che gli interrogatori continuano. Ad essere sentito è stato, tra gli altri, il sindaco di Rignano Daniele Lorenzini. Russo si è invece avvalso della facoltà di non rispondere, mentre ascoltare Bargilli non è stato possibile. L’inchiesta Consip resta finalizzata a provare la rete di contatti volta a favorire i «soliti noti». Tiziano Renzi avrebbe detto ai magistrati che si è abusato del suo nome. Russo avrebbe agito per far avere appalti Consip ad Alfredo Romeo. L’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, ha fatto presente ai giudici di aver «ricevuto pressioni»: «Carlo Russo – ha dichiarato – mi ha chiesto di intervenire sui commissari di gara per conto del babbo di Matteo e di Denis Verdini. Mi dissero che loro erano arbitri del mio destino professionale». Quanto a Russo, per i giudici era l’ipotetico destinatario dei soldi (100mila euro all’anno) che Romeo avrebbe versato su un conto di Dubai e che sarebbero passati come frutto di contratti di consulenza, in cambio di favori.
IL GIORNALE
This entry was posted on lunedì, Marzo 6th, 2017 at 10:00 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.
E’ la Legge stessa che obbliga a comunicare le indagini in corso ai vertici di tutti i corpi.
Posto che per avere fuga di notizie non è necessario che ci sia una rivelazione da parte degli inquirenti, e che le fughe di notizie sono all’ordine del giorno per la permeabilità del sistema informatico – e anche delle stesse stanze delle Procure – non si vede perché dovrebbe essere stato per forza uno del Noe a fare l’eventuale chiacchierata, quando il primo a essere danneggiato dalle spifferate è proprio chi gestisce le indagini.
I Procuratori hanno a disposizione tutti i corpi di polizia giudiziaria, il Noe non è “di” John Woodcock.