Presidenziali francesi: chi è Fillon, il candidato (sotto inchiesta) della destra

Paolo Papi

Il partito non può impedirmi di candidarmi, soltanto io posso prendere una decisione”: lo ha detto Francois Fillon questa sera in diretta al tg di France 2. Parlando dopo il comizio del Trocadero davanti ai suoi sostenitori, il candidato della destra ha ribadito che non si ritirerà nonostante l’inchiesta sull’incarico alla moglie: “la risposta è no. Anche perché ogni candidatura diversa condurrebbe a un’impasse nella destra e a una sconfitta”.

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Politico di professione entrato in parlamento quando aveva solo 27 anni, più volte ministro gollista  e premier nel 2007, quando all’Eliseo sedeva Nicolas Sarkozy, attuale sindaco di Le Mans, Francois Fillon è considerato dalla stampa transalpina, dopo l’inatteso exploit alle primarie del centrodestra francese, il più accreditato e credibile successore di Francois Hollande alla presidenza della Repubblica.

62 anni, una passione esibita verso le auto sportive, originario dell’alta borghesia di Le Mans, amico personale di Luca Cordero di Montezemolo, Fillon è un  liberale di destra, di quella destra che in Italia non è mai riuscita a diventare partito di massa, né populista, né autoritaria, né statalista, né identitaria.

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Un classico liberal-conservatore, insomma, contrario ai matrimoni gay e moderatamente antiabortista (al contrario di Juppé) ma favorevole a una cura da cavallo per riportare in ordine i conti, tagliando se necessario sussidi di disoccupazione e cascami dello Stato sociale francese, come ha annunciato durante le primarie.

Il tutto marginalizzando quel discorso sull’identità francese  che è da sempre il cuore della proposta politica di Marine Le Pen e, in chiave più moderata, anche dello sconfitto Nicolas Sarkozy. E dimostrando, come segnalano i sondaggisti sulla notevole partecipazione degli elettori progressisti nelle primarie di centrodestra, che può essere il candidato della destra più digeribile al ballottaggio (contro Le Pen) dai cittadini di centrosinistra. Un bel vantaggio, quando si tratterà di sfidare al secondo turno nel maggio 2017 la fortissima Marine Le Pen, accreditata di quasi il 30% al primo turno.

EUROPEISTA E FILOPUTINIANO
Convinto europeista, moderato sulla questione della gestione dei migranti,   pacato anche nei toni, Fillon – che, quando era premier, veniva definito sprezzantemente «il mio collaboratore» da Sarkozy – ha anche un’altra caratteristica che porebbe avvantaggiarlo se dovesse essere davvero lui, come sembra, il candidato presidente del centrodestra: il fatto che – sulla scia della nuova amministrazione americana – abbia sempre detto che uno dei grandi errori strategici commessi dalla Francia negli ultimi anni è stato quello di chiudere le porte in faccia alla Russia di  Putin, con il quale lo stesso Fillon ha sempre coltivato relazioni molto strette, anche da parlamentare. Una critica alla politica estera francese che ha riguardato, indifferentemente, la Siria come l’Ucraina,  in sostanza tutt’e due i fronti caldi della guerra fredda risorta venticinque anni dopo sulle ceneri del crollo del Muro.

LA DISFATTA DEI SOCIALISTI
A favorirlo, nella corsa verso l’Eliseo, non c’è soltanto la grande differenza di preferenze ricevute sull’ex premier Juppé (66% contro 33%). C’è il fatto che mai, nell’ultimo secolo, la sinistra francese coagulata attorno al Partito socialista è arrivata così esangue alla sfida presidenziale. Esangue, privata anche delle sue roccaforti operaie crollate sotto i colpi della fine del fordismo e della globalizzazione, e per di più spaccata come mai prima in numerose fazioni in lotta fratricida per la conquista dell’egemonia nell’ex elettorato rosso tradizionale.

Con un presidente uscente come Hollande che gode nei sondaggi di un apprezzamento che non supera il 15% dell’elettorato, l’irruzione sulla scena del dinamico ex ministro dell’Economia di Hollande, Emmanuel Macron, fondatore del partito di sinistra moderata chiamato En Marche, una nebulosa di sinistra-sinistra divisa a sua volta in due e tre partiti, il Partito socialista francese e tutta la gauche sono destinate insomma, salvo catacismi, a stare alla finestra, facendo semplicemente da portavoti al ballottaggio probabile tra Francoise Fillon e Marine Le Pen.

È scontato che l’union sacrée antifascista premierà il primo, mentre se – se l’aut aut fosse stato tra Sarkò e donna Marina – gli elettori di sinistra sarebbero stati tentati dall’astensione. È anche questa una delle ragioni per cui Fillon sarà, salvo fatti nuovi, il prossimo presidente francese. Mancano ancora sei mesi al D-Day elettorale, ma l’outsider Fillon parte in sostanza con il grande favore del pronostico.

PANORAMA

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