Unilever sfida gli stereotipi di genere e premia la maternità

simone vazzana
 

Per colmare il divario economico tra uomini e donne sul posto di lavoro, a parità di competenze e mansioni, servirebbero 170 anni. Si tratta di un fenomeno intangibile che influenza la crescita professionale, impattando in modo negativo sull’ambiente lavorativo. Un quadro dipinto con la tavolozza dei pregiudizi.

 Gli stereotipi di genere occupano il 50% dell’industria pubblicitaria, in cui il 40% delle donne non si riconosce. Ed è su queste percentuali che Unilever, una delle principali aziende che operano nei mercati Food, Refreshment, Home e Personal Care in oltre 190 Paesi, vuole incidere. Con la campagna #Unstereotype, infatti, vuole disegnare un percorso di cambiamento che partendo dall’immagine della donna si rifletta anche su un ambiente di lavoro al cui centro ci siano l’individuo e le sue capacità professionali. Per questo l’azienda ha commissionato a TFQ e TILLR una ricerca, basata su un campione internazionale di 9 mila intervistati, per sensibilizzare sulla necessità di un cambiamento di mentalità. Secondo il 77% degli uomini e il 55% delle donne, quando al lavoro il gioco si fa duro a occuparsene dovrebbero essere ancora gli uomini. I motivi? Gli intervistati li individuano nella mancanza di tempo delle donne (il 61% pensa che le colleghe siano spesso distratte da figli e problemi domestici) o nella convinzione che gli uomini siano semplicemente più bravi.

Non solo: il 55% degli intervistati pensa che assumere donne sia rischioso, perché spesso mettono al primo posto figli e famiglia rispetto alla carriera. E le donne interiorizzano questa percezione più degli uomini (58% versus 52%). Sono le prime a non crederci del tutto.

 

Cosa fare? La soluzione adottata da Unilever è scardinare i pregiudizi attraverso fatti concreti. Il 77% dei dipendenti è formato da donne impiegate nella forza vendita (un ruolo tipicamente associato al genere maschile), con il 46% del top management rosa. Inoltre, la campagna #Unstereotype promuove un’immagine diversa della donna in pubblicità, proponendone una più aderente alla realtà e decisamente opposta a una visione stereotipata. Ed è qui che entra in gioco Carla Sangiorgio, responsabile della comunicazione di Unilever Italia.

 

Carla Sangiorgio è anche una mamma. Ha ricevuto la proposta di avanzamento di carriera proprio al rientro dalla maternità, ormai tre anni fa, quando lei di anni ne aveva 35: «Ho sùbito accolto l’opportunità di lavoro. La mia responsabile di allora mi aveva chiesto se fossi in grado di metterci la forza e la voglia necessarie dopo essere diventata mamma. Le risposi che non mi avrebbe spaventato nulla: l’essere madre mi aveva dato più forza, più sicurezza e più fiducia anche nel lavoro».

 

 

UNILEVER ITALIA – MATERNITÀ

Grazie agli strumenti messi a disposizione da «maam U», che permette di trasformare l’esperienza della maternità in competenze lavorative, solo l’1% di chi ha un figlio smette di lavorare. Percentuale decisamente inferiore alla media nazionale, che si attesta al 25%. Un abbattimento dato anche da una serie di attività e iniziative che permettono una facile conciliazione tra vita privata e vita lavorativa, nella convinzione che questo approccio migliori performance e risultati. «Tutti i dipendenti – sottolinea Carla Sangiorgio – hanno orari flessibili. E poi in sede c’è una sala per l’allattamento, che aiuta molto». A Unilever, anche per questo, la durata media del congedo è di 7 mesi, quattro mesi in meno rispetto a quella nazionale.

 

 

Certo, non è semplice confrontarsi con l’idea di dover tornare al lavoro dopo avere avuto un bambino. «All’inizio – ammette Carla Sangiorgio – la mia paura era che non sarei più stata la stessa. Temevo di non poter dedicare lo stesso tempo di prima al lavoro. In realtà la paura è scomparsa subito, anche perché si lavora per obiettivi e non è necessario stare otto ore al giorno in ufficio».

 

Carla Sangiorgio, in quanto responsabile della comunicazione, conosce meglio di tutti il ruolo fondamentale che il marketing ha nello schierarsi contro i pregiudizi di genere: «Il nostro impegno è impedire che le donne vengano stereotipate nelle pubblicità, cerchiamo di spalmare questa filosofia su tutti i brand che seguiamo. Ed è importante, dato che il 70% delle nostre consumatrici sono donne».

 

LA STAMPA

 

Unilever va incontro alle mamme ed è più facile, per loro, tornare al lavoro. Ma Carla Sangiorgio consiglierebbe l’esperienza della maternità anche in condizioni lavorative avverse: «Il desiderio di genitorialità non va sacrificato per nessun motivo. Nemmeno per la carriera. Il consiglio che mi sento di dare è quello di non perdere mai la fiducia in se stesse. È vero, una realtà che si mette a disposizione rende tutto più facile, ma la fiducia che scaturisce dalla maternità arricchisce anche laddove le condizioni di lavoro sono più difficili. Ci si deve convincere di una cosa: si merita di più. L’opportunità è sempre dietro l’angolo».

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