Il populismo di Wilders
Il 2017 potrebbe essere un anno chiave per il futuro dell’Unione Europea. Dopo la Brexit e la vittoria di Donald Trump, le elezioni olandesi del prossimo 15 marzo rappresentano una tappa fondamentale per misurare lo stato di salute dell’Ue. In campo, infatti, c’è un temutissimo protagonista che potrebbe causare non poche grane all’establishment europeo: Geert Wilders.
Fondatore e leader del Partito per la Libertà (PVV), il politico olandese classe 1963, in politica dal 1998, è uno dei volti più noti del “populismo” europeo, seppur dotato di caratteristiche peculiari che lo differenziano da tutti gli altri leader “sovranisti” in circolazione.
Anti-islam ma difensore dei diritti Lgbt
Euroscettico e contrario all’immigrazione di massa, la sua missione principale è quella di fermare l’islamizzazione dell’Olanda. Tuttavia, a differenza di quello che può sembrare un profilo “conservatore”, Wilders su alcune questioni è più vicino, per fare un paragone con una forza politica italiana, alle posizioni del partito radicale: agnostico, liberista convinto e ammiratore di Margaret Thatcher più che di un nazionalista alla Jörg Haider supporta, da sempre, i diritti gay e Lgbt. Diritti che, a suo dire, l’immigrazione proveniente dai paesi islamici metterebbe in serio pericolo.
“I politici di quasi tutti i partiti stanno promuovendo la nostra islamizzazione. Quasi l’intero establishment, le università, le chiese, i media, i politici, vogliono metterci nei guai” – disse qualche mese fa. “Giorno dopo dopo giorno, da anni, stiamo subendo il decadimento dei nostri valori quali l’uguaglianza tra uomo e donna, la libertà di opinione e di parola, la tolleranza dell’omosessualità . Tutto questo è in grave pericolo”.
Per questo motivo lasciare l’Ue è una priorità: “L’Unione Europea ci impedisce di legiferare in materia di immigrazione. Lasciare l’UE è assolutamente necessario” – dichiarò recentemente all’Express.
Sostenitore di Israele
Il carismatico leader olandese ha più volte promesso di porre fine all’immigrazione dai paesi islamici, bandire il Corano – che ha definito “il Mein Kampf dei nostri giorni”, e chiudere ogni moschea del paese. Come spiega Naomy O’Leary su Politico, Wilders diffidava dell’islam molto tempo prima dell’11 settembre.
Prima di frequentare l’università, il leader populista ha viaggiato il Medio Oriente e, in particolare, in Egitto, Siria e Iran. “Giunto in Israele nei primi anni ’80 – racconta O’Leary – come un adolescente con la testa di un bohémien, ha speso tutti i suoi soldi in una settimana e si è messo a raccogliere peperoni e meloni in un moshav nella valle del Giordano. È rimasto lì più di un anno. È stato l’inizio di un’infatuazione, che dura da tutta vita, con il Paese che ora vede come la frontiera di una lotta tra la barbarie e la civiltà”.
“L’Islam minaccia la nostra democrazia”
Per le sue dure posizioni sull’Islam e a fronte di diverse minacce di morte ricevute – a cominciare da Al-Qaeda –Geert Wilders vive costantemente sotto scorta, 24 ore su 24. Nel 2008 ha prodotto un cortometraggio, Fitna, in cui vengono mostrate immagini di impiccagioni, decapitazioni e linciaggi, intervallate da versi del Corano. “I nostri valori si basano sulla cristianità, sul giudaismo, sull’umanesimo. L’Islam e la libertà non sono compatibili. Non posso nemmeno fare una passeggiata o andare al ristorante senza essere scortato, ma non c’è alternativa – ha confessato a Usa Today – se moderassi la mia opinione, le persone che minacciano la nostra democrazia vincerebbero. E io non lo consento”.
Il suo “maestro”
Pim Fortuyn, un politico conservatore di Rotterdam apertamente gay, negli anni ’90 divenne celebre per le sue posizioni antislamiste, euroscettiche ma laiche e a favore dei diritti civili. Quando Fortuyn fu assassinato da un ambientalista nel 2002, Wilders ne raccolse in un certo senso l’eredità politica.
Nel 2004, Wilders ha aspramente criticato la domanda di adesione all’Unione Europea della Turchia, un “cavallo di troia”, a suo dire, che non appartiene al mondo “giudaico cristiano”. Quella scelta ha portato alla rottura definitiva con il partito Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia, in cui aveva militato per anni, e alla successiva fondazione del Partito per la Libertà (PVV) nel 2006.
Cosa dicono sondaggi
Gli ultimi sondaggi danno un sostanziale testa a testa tra il Primo Ministro uscente Mark Rutte, rappresentante del Partito Popolare, e il Partito per la Libertà di Geert Wilders. Defilata la sinistra con il Partito Laburista rappresentata dal candidato Lodewijk Asscher e la sinistra verde (Groen Links) di Jesse Klaver.
Anche qualora si aggiudicasse, come sembra, un numero maggiore di seggi rispetto agli altri (con un margine di 2-4 seggi sui liberali), Wilders dovrebbe poi fare i conti con l’incognita della governabilità e non è affatto scontato che riesca a diventare premier: il sistema olandese, infatti, si basa su governi di coalizione, e finora nessuno dei principali gruppi politici ha espresso un interesse a lavorare con il partito anti-UE. Comunque vada a finire, per l’Unione Europea potrebbe essere un primo segnale d’allarme in attesa delle elezioni francesi di aprile.
IL GIORNALE