“Siete pagati da Romeo”. La rissa Feltri-Belpietro sui rapporti con la cricca
A margine dell’inchiesta sul sistema Romeo è scoppiata una guerra tra Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro, direttori rispettivamente di Libero e La Verità.
La zuffa nasce da un’intercettazione in cui Italo Bocchino, consulente dell’imprenditore napoletano, suggerisce di finanziare il giornale di Belpietro per il tramite di una «erogazione liberale» di 50mila euro alla fondazione «Magna Carta» di Gaetano Quagliariello, «così ti levi da tutti gli imbrogli» e ti tieni buono – è convinto Bocchino, già noto per gli ottimi consigli a Fini – un giornalista «pericoloso» come Belpietro che «ha le conoscenze giuste e una serie di informatori importanti». La vicenda viene raccontata domenica in prima pagina dal quotidiano di Feltri, con due foto affiancate di Belpietro e Romeo e il titolo «Bocchino a Romeo: diamo soldi a Belpietro».
Nello stesso giorno però il direttore della Verità (che ha lavorato con Feltri dall’Indipendente fino allo stesso Libero, guidato da entrambi per qualche mese nel 2011) dà la sua versione dell’episodio: «Ieri ho scoperto che Alfredo Romeo sperava di riuscire a condizionare La Verità. Finanziando la fondazione (di Quagliariello, ndr), Romeo – non so se per conto di Matteo Renzi o di altri – contava di ammorbidire un giornalista ritenuto pericoloso da Bocchino e partner. Sta di fatto che se questo era il gioco, se c’era l’intenzione di tappare la bocca a me e ai miei colleghi, il disegno non è andato in porto. Siamo infatti tra i pochi giornali a non aver taciuto l’inchiesta Consip, il ruolo di Romeo e i legami con il Giglio magico». Fine del duello cartaceo? Nemmeno per sogno, i due quotidiani tornano subito a fare a cazzotti.
Su Libero, il giorno dopo, compare un fondo dal titolo «Belpietro finanziato a sua insaputa». Nell’articolo, firmato con la «L» di Libero, si mette in dubbio la versione del direttore della Verità: «Per la conoscenza non superficiale che abbiamo dell’uomo, straordinariamente attento e preciso, ci risulta difficile pensare che abbia ricevuto denaro senza informarsi di chi glielo fornisse e soprattutto del perché lo facesse. L’ipotesi che sia stato finanziato a sua insaputa ci lascia sgomenti». Tempo di tornare in edicola, e tocca a Belpietro rispondere. Con un editoriale («Se l’anonimo che ha vergato il corsivo su Libero sapesse leggere, avrebbe scoperto che è lo stesso Romeo a non sapere di aver versato un contributo al nostro giornale», come si evince da una conversazione appunto tra Romeo e Bocchino), e poi con due pagine che ricostruiscono i rapporti tra «la cricca dello scandalo Consip» e Antonio Angelucci, deputato verdiniano ed editore proprio di Libero. Nei brogliacci si riporta una conversazione in cui Bocchino parla di un incontro con Angelucci a proposito di Aeroporti di Roma. Poi ci sono le pressioni di Verdini, con le fatture degli Angelucci in mano, per ottenere una linea più morbida su Renzi, perché dal governo dipendeva il pagamento di «centinaia di milioni che Angelucci reclamava dalla Regione Lazio». Quindi, citando sempre le intercettazioni, si parla di un appalto aggiudicato da un consorzio che, a detta del faccendiere Carlo Russo, amico di papà Renzi, sarebbe vicino a Verdini. Russo aggiunge: «I soldi li ha portati a casa Verdini», su cui poi svela un episodio. «Pensi che Verdini aveva delle difficoltà (…) e Angelucci s’è comprato la casa di Verdini (incomprensibile, farfuglia) ‘sti soldi insomma. E però doveva in qualche modo rientrare». La storia è spiegata poi in dettaglio in un altro pezzo («Il padrone di Libero comprò immobili del politico indebitato. Entrambi compaiono nell’informativa»). Mentre Feltri risponde con un’intervista a Quagliariello: «I soldi a Belpietro li ho portati io». Ultima puntata del duello. Finora.
IL GIORNALE