L’uomo di Putin: “Pronti a un patto anche con Grillo”

Annuncio dopo l’accordo con la Lega. Il M5S non commenta

Zheleznyak è il numero due di Russia Unita, partito di Putin, e vicepresidente della Duma

jacopo iacoboni
 

«Dopo la Lega siamo pronti a firmare un patto analogo con un altro partito italiano, il Movimento cinque stelle». L’annuncio, inaspettatamente candido, arriva proprio da Sergei Zheleznyak, il numero due di Russia Unita, il partito di Putin, vicepresidente della Duma, un uomo finito nella blacklist dell’amministrazione Obama di personaggi – banchieri, finanzieri, politici – sospettati dagli Usa della precedente amministrazione di operare nell’ambito del finanziamento di attività antieuropee in Europa. Come che sia di questi sospetti americani, vista l’importanza della fonte questo annuncio merita di essere inquadrato e ricostruito.

 Lunedì scorso, a Mosca, la Lega Nord ha firmato un «patto di cooperazione» con Russia Unita. Il patto è stato annunciato ufficialmente, riguarderà la «cooperazione in materie come la sicurezza, la difesa dei valori tradizionali, la futura cooperazione economica tra Italia e Russia», e naturalmente l’abolizione delle sanzioni. Quel giorno Matteo Salvini ha postato sui suoi canali social una sua foto proprio con Zheleznyak, quarantaseienne, molto dinamico, famiglia e figli a Londra, vicesegretario del partito di Putin, un passato discusso di top manager del più grande gruppo di raccolta pubblicitaria in Est Europa, News Outdoor Group. La cosa sembrava finita lì.

 

In realtà almeno altre due fonti – una russa, una di un Paese vicino in fortissima tensione geopolitica con Mosca – ci informano che il patto con la Lega è solo un primo passo per la sottoscrizione di una intesa analoga, quella davvero strategica per Putin, con il Movimento cinque stelle.

«Putin tiene soprattutto al partito di Grillo, perché sa che sono loro, più della Lega, l’architrave di un fronte antieuropeo in Italia». Il Movimento si è dovuto muovere con qualche cautela e zig zag in più: perché il collage ideologico che mette insieme tutto (dall’antico amore per le Pussy Riot al nuovo vero amore, zar Vladimir, il passo è davvero lungo) difficilmente si tiene senza torsioni e rischi d’implosione. Fatto sta che – come La Stampa anticipò il 5 novembre – ci sono stati diversi incontri tra i due deputati italiani che hanno l’incarico della politica estera per i grillini, e i russi. L’altra sera, è stato Zheleznyak a confessare a cosa servivano. Lo ha fatto parlando con un reporter di Sputnik, il network finanziato da Putin e attivo anche in lingua inglese, spagnola e italiana.

 

«Noi siamo pronti a firmare accordi con tutti i partiti italiani», ha premesso. Poi ha spiegato senza ombra di dubbio a chi si riferisse: «Abbiamo familiarità con i 5 Stelle, ed è in corso un dialogo attivo con i loro rappresentanti. Ma la firma dell’accordo tra noi sarà possibile solo nel momento in cui loro saranno pronti. Noi lo siamo». Insomma: Zheleznyak dice ormai apertamente che si va in quella direzione, bisogna dare solo tempo ai grillini. Questi patti di solito ruotano attorno a due temi, abolizione delle sanzioni e lotta al terrorismo. La cooperazione ha poi un suo centro cruciale nel mondo giovanile, nato e attivo su web e social. Un patto è stato siglato anche con l’estrema destra austriaca del Fpo. Questa cooperazione rosso-bruna ha in Alexander Dugin il suo teorico, e ha già portato nel mondo a una quarantina di accordi con forze non solo europee. Putin coltiva diversi partiti con il Front National di Marine Le Pen, Afd in Germania, Jobbik in Ungheria. La Le Pen ha appena detto alla Cbs: «C’è una grande truffa in giro: il pericolo per l’Europa non è Putin, è una guerra fredda contro la Russia che getti Mosca nelle braccia della Cina».

 

E il Movimento? Ieri diversi suoi esponenti che si occupano di politica estera erano ancora impegnati a Caracas (altro perno della geopolitica grillina). Abbiamo chiesto per sms ad Alessandro Di Battista, l’ufficiale più alto in grado, se confermava o smentiva l’annuncio di Zheleznyak, ma non ha risposto.

LA STAMPA

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