Marroni non ritratterà: «Le accuse? Solo un pazzo le avrebbe inventate»
Luigi Marroni, l’amministratore delegato di Consip, sta lavorando al nuovo sistema di gare della società che si occupa degli acquisti per la pubblica amministrazione. Un modo per correggere il tiro, dopo i sospetti di irregolarità e l’inchiesta arrivata a toccare il governo. Ma soprattutto il tentativo di rendere normali giornate che normali non sono affatto. Davanti ai magistrati di Napoli, Marroni ha parlato di pressioni da parte di Tiziano Renzi, il padre dell’ex premier, e del senatore Denis Verdini. Cosa può fare adesso, che il caso da giudiziario sta diventando sempre più politico? Come reagirà a quella sensazione fastidiosa, crescente, confidata a qualche amico, di essere stato identificato come il capro espiatorio necessario per salvare il ministro dello Sport, Luca Lotti?
Il rischio dell’accusa per calunnia
Difficile che possa ritrattare. Da semplice persona informata sui fatti diventerebbe indagato con l’accusa di calunnia. Rischierebbe diversi anni di carcere e a quel punto dovrebbe anche lasciare il suo incarico, come ha già chiesto il ministro Graziano Delrio e come ha lasciato intendere lui stesso quando ha detto «se indagato valuterei le dimissioni».
Ma non c’è soltanto il codice penale a escludere la sua marcia indietro. «Solo un pazzo si sarebbe potuto inventare quelle accuse», ha confidato in queste ore Marroni ai suoi collaboratori. Perché l’avrebbe fatto? Perché, soprattutto, avrebbe mirato così in alto, fio al padre dell’ex premier?
La pressione dell’interrogatorio
Nessuna ritrattazione, dunque. Ma la possibilità di alleggerire le sue accuse, sostenendo di essere stato messo sotto pressione durante un interrogatorio difficile, a tratti anche aspro. E l’intenzione di respingere ogni accusa sul fatto di aver favorito le ditte di Alfredo Romeo. Con due fogli che da giorni sono sul suo tavolo. Il primo è una tabella excel con gli importi delle gare vinte da Romeo negli anni passati, prima che lui arrivasse in Consip. Nel 2007 175 milioni di euro, nel 2010 128, nel 2012 363. «Romeo c’era anche prima di me». Il secondo è la richiesta fatta da Consip alle ditte di Romeo: una cauzione da due milioni di euro per irregolarità in un’altra gara. Una somma che Romeo non ha pagato e per la quale è in corso una causa. «Non saremmo a discutere in tribunale se l’avessimo favorito, no?».
L’ipotesi risarcimento
Almeno per il momento, quindi, Marroni resta al suo posto. Due giorni fa è stato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan a dire in Parlamento che non ci sono le condizioni per farlo decadere. Una difesa nel merito ma soprattutto nel metodo. Perché in caso di rimozione per «via politica» e senza un solido fondamento giuridico Marroni potrebbe fare causa al ministero che l’ha nominato. Il governo lo sa. E vuole evitare un danno economico e di reputazione.
La carta dell’addio (confermando tutto fino in fondo)
Resta una terza opzione, però. Se la pressione dovesse continuare e salire di tono nei prossimi giorni Marroni potrebbe decidere di essere lui a lasciare. Rinunciando a chiedere risarcimenti. Ma anche confermando tutte le accuse, fino in fondo e senza nessun alleggerimento. Sembra una partita a scacchi, con avvertimenti, ricatti e una buona dose di cattiveria. Del resto gli scacchi sono il gioco più violento del mondo.
CORRIERE.IT
This entry was posted on sabato, Marzo 11th, 2017 at 09:48 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.