I vent’anni di abusi del santone di Torino

federico genta, massimiliano peggio
torino

Si cercano gli adepti, donne che si sono prestate ai riti magici del «maestro», fondatore a Torino di una setta che ha mosso i primi passi vent’anni fa. Tra le soffitte della città trasformate in templi e alcove dell’occulto. Quando è iniziata l’avventura di Paolo Meraglia, paravento di abusi sessuali e violenze psicologiche? Lui è finito in carcere, accusato di stupro di gruppo, per una storia iniziata due anni fa. A denunciarlo è stata forse la più giovane delle sue vittime, Angela, che all’epoca aveva soltanto 16 anni.

 Ma le donne finite nella trappola del santone, cantautore negli Anni 70, sono tante. Almeno una ventina, in base alle testimonianze e ai video già sequestrati dalla polizia di Torino durante le ultime perquisizioni. La madre di uno degli arrestati, indagata ma rimasta a piede libero, racconta di averlo conosciuto nel 2004 sul luogo di lavoro. Lui leggeva le carte e prometteva di «scacciare le negatività» tramite riti che si concludevano sempre con rapporti sessuali. In zona, periferia Sud della città, era già conosciuto. A lui si sono rivolte donne depresse o che non riuscivano ad avere un bambino con i loro compagni.

 

Da quanto tempo? Forse già dai primi Anni 90. Ma all’epoca, accanto a lui, non ci potevano essere gli stessi complici «catalizzatori» di oggi. Almeno non tutti. Non poteva esserci Giorgio, l’ex fidanzato di Angela, prima vittima e poi carnefice, costretto a rapporti incestuosi con la madre. Forse c’era già Biagino Viotti, anche lui rinchiuso nel carcere di Torino, che ha a disposizione mansarde e appartamenti da usare all’occasione per organizzare i riti occulti. Dove il «maestro» si presentava in canottiera e filmava con il telefonino le violenze. Per poter ricattare chi avesse provato ad allontanarsi.

 

È attorno a questi soggetti che si muovono le nuove indagini dei poliziotti. Gli investigatori della Mobile stanno esaminando i file contenuti nel computer ritrovato nella casa di Meraglia. Si cercano almeno dodici donne e altri quattro «catalizzatori», che a turno avrebbero partecipato ai riti sessuali.

 

Ogni donna che compare nei video deve essere identificata e interrogata, per avere conferma che i rapporti sessuali non fossero consenzienti e per provare a dare un nome a tutte le persone presenti. E poi c’è questione economica. Perché gli inquirenti sono convinti che per quelle sedute dell’orrore, c’era anche chi pagava. Un prezzario degli incontri, almeno per ora, non è stato trovato.

LA STAMPA

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