Il professore da un milione di dollari che forma gli imprenditori di domani
Uno dei laboratori di informatica della Fondazione Its di San Paolo d’Argon (Bg), che ha sede in una ex abbazia benedettina
Il prof da un milione di dollari insegna in mezzo alla campagna. Non quella di un campus inglese o americano, ma della Bergamasca. San Paolo d’Argon, all’ombra di un campanile che rintocca ogni mezz’ora, fra i chiostri di un’ex abbazia benedettina. Qui l’ora et labora si è trasformato nel moderno «studia e lavora» della scuola chiamata «la fabbrica degli imprenditori» o di cui si dice «vai lì che trovi lavoro». Lo dicono perché l’88% dei suoi studenti ha un contratto alla fine del percorso.
Qui insegna Armando Persico, l’italiano finito tra i 50 finalisti del Global Teacher Prize, il superpremio – un milione di dollari, appunto – che ogni anno va a un insegnante eccezionale. Lo ha istituito un miliardario filantropo indiano, Sunny Varkey, figlio di due emigrati che andarono a Dubai per insegnare inglese agli arabi; lui ha creato un impero sulla formazione ed è convinto che gli sforzi dei docenti vadano riconosciuti perché il loro impatto non è solo sugli studenti ma sulle comunità intorno a loro. Così una commissione ha analizzato i profili di oltre 20mila docenti provenienti da tutto il mondo, alla fine ne ha scelti 50 e il prof Persico è fra questi. A «pesare» sono i tanti premi ricevuti a livello europeo dai suoi allievi e il fatto che il 20% di loro gestisca imprese che hanno creato brevetti vari e 800 posti di lavoro.
In questi giorni il prof è a Dubai perché il vincitore verrà annunciato domenica, ma lui con i suoi studenti sa rendersi presente con mail e whatsapp e anche a noi risponde alle domande sull’«eccezionalità» del suo metodo e in particolare alla curiosità più morbosa che suscita la sua storia, specie in Italia: e cioè perché uno che faceva il commercialista abbia abbandonato studio & parcella per cattedra & stipendio da insegnante. «Perché la scoperta di me stesso come uomo che ha domande profonde sulla vita è stata molto più importante del denaro» risponde a stretto giro da Dubai.
Quanto alle performance poco brillanti degli studenti italiani in generale e al ruolo degli insegnanti lui, con positività, ne ha per tutti: «noi docenti per primi dobbiamo trasmettere noi stessi, la nostra passione per quello che facciamo; i genitori dovrebbero avere stima del lavoro dei docenti dei figli e trasmetterla ai ragazzi; se trovano in tutti noi persone autorevoli, non autoritarie né lassiste, i nostri ragazzi potranno scalare le vette delle classifiche».
E i «suoi» ragazzi sono qui, nel silenzio della campagna e dei chiostri, in aule ben fornite di tecnologia e laboratori attrezzati, a confermare quel che dice. «Lui ci insegna “autoimprenditorialità”» racconta Giada Ottaviano, del corso di store management «Ci sprona a sviluppare idee, a non fermarci mai, ci dice “ogni idea che avete non buttatela, anche alla vostra età potete farci qualcosa; e se avete bisogno chiedete, io vi supporterò sempre».
Sara Gritti lo ha sperimentato: «Venivo da Scienze umane, quindi arrivata qui avevo lacune enormi di economia; lui mi ha fatto recuperare tutto e ora lavoro a un progetto di startup di un punto vendita di prodotti che vengono da un’altra startup che coltiva frutti tropicali sui colli bergamaschi». Stefano Piacentini, invece, è approdato qui per una delusione: «Non d’amore ma brutta uguale; ho fatto l’aeronautico e non ho passato i test accademici, troppo magro». Invece di «gonfiarsi» ha deciso di cambiare strada e entrare nell’azienda familiare, ma preparandosi al passaggio qui. Anche lui ha trovato il prof. Persico sulla sua strada: «Non ha peli sulla lingua, se deve farti i complimenti ti manda e-mail lunghissime, ma se secondo lui hai sottovalutato un lavoro, viene anche a tirarti fuori dall’aula…».
Alla fine della visita, però, si intuisce che il successo di questa scuola (+50% di iscritti ogni anno) non è solo dovuta al professore-star. «Diciamo che da noi ha trovato un terreno fertile» sorride il direttore Stefano Casalboni, «Allievi a cui era stato pronosticata poca attitudine allo studio, per noi sono talenti; il nostro primo compito, al di là delle tante cose che facciamo per rispondere alle esigenze delle imprese, è riconsegnare ai ragazzi la voglia di intraprendere, di rischiare, sia da dipendenti sia da imprenditori; perché non sia il divano l’orizzonte unico delle loro giornate».
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