Venerdì 17, storia e origini della superstizione
Roma, 17 marzo 2017 – “La superstizione è un’insana paura di Dio“. Così recita lapidario Marco Tullio Cicerone, una delle figure più rilevanti dell’antica Roma. Ma nonostante l’autore latino ci avesse messo in guardia sull’inutilità della superstizione, la paura ingiustificata legata alla famigerata data venerdì 17 è arrivata fino ai giorni nostri. Da una parte il venerdì, che nella tradizione cristiana rappresenta la morte di Gesù, avvenuta appunto il venerdì santo, dall’altra il 17, un numero che nella storia del mondo occidentale ha assunto diverse connotazioni negative. Mettiamo allora da parte tutti gli amuleti scaccia-malocchio, armiamoci di coraggio e sconfiggiamo una volta per tutte la paura di questa data, ritenuta particolarmente sfortunata in Italia e altri paesi di origine greco-latina.
ORIGINE – Già nell’antica Grecia il numero 17 era aborrito dai seguaci di Pitagora, ma nell’Antico Testamento assume un significato catastrofico; secondo le scritture infatti il diluvio universale cominciò il 17 del secondo mese (Genesi, 7-11). Ma l’equivoco è giocato non solo sul numero, ma anche sulle lettere che lo compongono. Così se sulle tombe dei defunti dell’antica Roma era comune trovare la scritta “VIXI” -‘vissi’, dunque ‘sono morto’-, la stessa parola, anagrammata, compone la cifra romana “XVII”, appunto 17. Un altro aneddoto che rafforza il significato negativo di questa data lo troviamo, questa volta, nella Roma dell’età imperiale. La battaglia di Teutoburgo, combattuta nel 9 d.c. ha visto lo scontro sul campo dell’esercito romano, contrapposto ad una coalizione di tribù germaniche comandate da Arminio. Durante la battaglia le legioni 17,18, e 19 furono completamente distrutte. Fu una delle più gravi disfatte subite dai romani e, da quel momento, quei numeri furono considerati sinonimo di sventura.
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