Nomine di Stato. Battaglia sui presidenti e scontro su Terna
Alessandro Profumo ha sciolto la riserva ed è pronto a passare alla guida di Leonardo-Finmeccanica al posto di Mauro Moretti. Mossa che però non piace agli operatori di mercato che considerano l’ex banchiere di Unicredit ed Mps troppo distante come esperienza dal settore della difesa. E infatti ieri in Borsa il titolo del gruppo di piazza Montegrappa ha pagato pegno perdendo il 2,4%. «La possibile nomina di Profumo arriva come una sorpresa – sostengono gli analisti di Banca Akros – visto che non ha alcuna esperienza nel settore e non siamo certi che il mercato apprezzerà la scelta, anzi potrebbe avere un «impatto controverso» sul titolo nel breve termine. Le altre grandi società pubbliche quotate a Piazza affari, invece, hanno superato bene la giornata di vigilia, a cominciare da Poste su cui si è consumato l’attrito forse più forte tra ministero dell’Economia e ministero dello Sviluppo. L’orientamento finale, sancito negli ultimi giorni da un’intesa tra Gentiloni ed il ministro Padoan è quello di sostituire l’attuale ad Francesco Caio. Al suo posto andrebbe l’attuale ad di Terna Matteo Del Fante. Sul listino Poste ha guadagnato l’1,3%, Terna l’1,1% nonostante non si sia capito ancora chi possa andare a guidarla.
Tre in corsa per Terna
Le ultime voci davano sulla rampa di lancio Luigi Ferraris, cfo di Poste con una lunga esperienza all’Enel che avrebbe la meglio sull’attuale ad di Acea Alberto Irace, manager di stretta osservanza renziana sino a ieri dato per favorito, e quello di A2A Valerio Camerano. Le liste di tutte le grandi società controllate direttamente dal Tesoro o attraverso Cdp erano attese per la serata di ieri, a mercati chiusi, ma a tarda sera si è poi deciso di rinviare tutto a oggi. Il problema principale, filtrava dalle stanze di via XX Settembre, riguardava la verifica dei requisiti e l’accettazione della nomina da parte di ciascuno dei candidati. Ma in realtà, al momento di chiudere le liste oltre che su Terna sarebbe sarebbero emersi problemi anche sull’opportunità o meno di confermare tutti e 4 i presidenti di Enel, Eni, Leonardo e Poste, dove Luisa Todini era data come possibile partente.
Il caso Poste
Certamente il caso Poste fa discutere. Ed i sindacati aziendali sempre molto attenti e presenti nella gestione del gruppo ieri hanno fatto subito sapere la loro. Dividendosi sull’ipotesi di fuoriuscita di Caio. Cgil e Uil si sono infatti schierate con l’amministratore delegato uscente, mentre la Cisl che nelle Poste è il sindacato maggioritario è critica sull’intera linea adottata dal manager. Se infatti il segretario nazionale della Slc Cgil, Nicola Di Ceglie sostiene che «un Paese che non riconferma un manager come Caio, ad di un gruppo che ha fatto 622 milioni di utili, sarebbe perlomeno strano. In genere si manda via un manager se non porta risultati». Il segretario della Slp Cisl Luca Barani ammette che «sicuramente Caio ha fatto utili, ma a che prezzo? Recapito a giorni alterni, numerosi uffici chiusi ed un rapporto insoddisfacente con le parti sociali sfociato in uno sciopero generale».
Tensione nel Pd
La questione nomine ieri poi ha avuto un rimbalzo anche in casa Pd, in pieno fermento precongressuale. Il presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia a nome della mozione Emiliano ha fatto sapere di essere intervenuto su Gentiloni e Padoan. «Con la massima correttezza istituzionale abbiamo chiesto che le eventuali nomine dei vertici di alcune delle aziende in scadenza avvengano secondo criteri oggettivi di massima trasparenza istituzionale e con una chiara impronta industriale. Abbiamo fiducia in Padoan ci spettiamo che nessun candidato alle primarie abbia potuto incidere in questo processo delicato». Boccia non lo nomina mai ma è chiaro che il sospetto è che dietro le quinte Matteo Renzi abbia cercato di pilotare a suo modo anche questa tornata di rinnovi.
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