Minniti: “L’intesa con la Germania per sbloccare l’accoglienza”

grazia longo
roma

C’è la convergenza tra Roma e Berlino al cuore dell’accordo sui migranti raggiunto al vertice di Roma di lunedì. La Germania, con la sua decisione di accogliere 500 migranti al mese, spiega a «La Stampa» il ministro Marco Minniti, ha sbloccato la situazione. «E ora anche Austria e Svizzera hanno promesso di aprire le porte a quote significative di migranti», portando per la prima volta i paesi dell’Europa centrale ad aiutare concretamente l’Italia nel fronteggiare la marea dei profughi. Il ministro dell’Interno getta un’occhiata distratta al computer con le agenzie di stampa e alla televisione fissa su un canale all-news. Nell’ampio ufficio al secondo piano del Viminale assapora la soddisfazione per l’apertura di Vienna e di Berna nella gestione dell’emergenza immigrazione. Non si tratta di gesti di generosità ma di scelte politiche frutto di un intenso lavoro diplomatico con la Germania, «nel contesto di un rafforzamento dell’intesa tra Roma e Berlino», come ha anticipato il vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans sulle pagine nel nostro giornale sabato scorso. È solo un primo spiraglio, certo, ma all’indomani del Gruppo di contatto Europa-Africa settentrionale, nel governo iniziano a mettere in fila i segnali positivi. Il piano di collaborazione europeo, oltre a Germania, Austria e Svizzera, vede coinvolte infatti anche Francia e Slovenia; e sul fronte africano, la Libia, la Tunisia e l’Algeria, mentre la diplomazia italiana e il Viminale puntano ora ad ampliare l’intesa anche con Egitto e Niger. La strategia è duplice: da una parte convincere i paesi africani a riprendersi i clandestini, dall’altra ricevere aiuti dai partner europei per ricollocare nell’Ue parte dei richiedenti asilo.

 

Minniti scorre sul computer gli ultimi dati degli sbarchi e fa il punto sulla cooperazione con la sponda Sud del Mediterraneo: «Oltre il 90 per cento dei flussi arriva dalla Libia, ma nessuno di loro è cittadino libico, provengono prevalentemente dall’area subsahariana. Il resto viene dall’Egitto, il secondo punto di snodo dei flussi migratori verso l’Italia. E mentre con il Niger è più vicina una collaborazione per favorire i controlli al confine a Sud della Libia, con l’Egitto stiamo ancora lavorando». Il fatto è che tra Roma e il regime di Al Sisi resta ancora il macigno del caso Regeni. È essenziale che prima si risolva in maniera trasparente e definitiva l’inchiesta per scoprire colpevoli e mandanti dell’omicidio.

 

La via diplomatica, la strada del dialogo, è l’unica perseguibile anche per gestire i conflitti interni alla Libia. «La stabilizzazione del Paese è preziosa sia per governare il fenomeno dei trafficanti di essere umani, sia per il benessere socio economico interno – osserva Minniti -. La partecipazione del premier Fayez Al Sarraj al meeting di Roma testimonia quanto ritenga importante contrastare i trafficanti: sottraendo loro la sovranità criminale si contribuirà alla stabilità politica della Libia e alla sua ripresa economica e sociale». Al Sarraj resta sicuramente l’interlocutore privilegiato, perché l’unico riconosciuto dall’Onu, ma non si tralascia neppure il confronto con il generale Khalifa Haftar a Tobruk, nell’Est della Libia. «Il nostro ambasciatore di recente è stato a Tobruk con l’obiettivo di mantenere un canale aperto. La stabilizzazione militare non solo è sbagliata ma anche irrealistica. Si aprirebbe un’avventura drammatica di guerra civile, con un pericoloso salto all’indietro fino al 2011, che produrrebbe un’emergenza umanitaria epocale».

 

Minniti non si nasconde l’importanza della posta in gioco. L’immigrazione incontrollata rischia di far saltare gli equilibri democratici del Continente, alla vigilia di importanti elezioni. Sull’approccio strategico per governare l’emergenza migratoria «si gioca il futuro dell’Europa».

 

Il gruppo di contatto del Mediterraneo centrale, per il ministro, «può rappresentare un passo importante, una cooperazione rafforzata che spinge l’Europa ad affrontare unita una sfida che finora sembrava essere rimasta circoscritta al nostro Paese. Si tratta di mettere da parte egoismi e chiusure nel nome di un’Europa mai messa in discussione come in questo momento». La sfida, da qui alle elezioni, è allora quella di far tornare nei cittadini l’immagine dell’Europa «come una risorsa che, nonostante il buio delle minacce del populismo e della destra xenofoba, sa trovare lo slancio per guardare al futuro». Anche a questo serviranno le celebrazioni a Roma, sabato prossimo, del sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma. Una quarantina le personalità attese, tra capi di Stato, di governo e vertici dell’Ue. Una prova da brivido per chi deve gestire la sicurezza della Capitale.

 

Sono previsti, infatti, almeno sei diversi cortei e sit-in: il più numeroso e a rischio è quello dei movimenti della piattaforma Eurostop, che raccoglie varie sigle (dai No Tav ai Cobas, dai centri sociali italiani e europei, a varie sigle comuniste). Roma sarà una città blindata ma, come conclude il numero uno del Viminale, «pronta a gestire l’evento con un dispositivo a garanzia della sicurezza delle personalità invitate e dei cittadini che hanno il diritto di godersi quella che è di fatto una festa. Non sarà impedito di manifestare il dissenso, in ogni democrazia ciascuno può esplicitare il proprio punto di vita, ma c’è un limite inaccettabile. Quello della violenza. Un evento quindi che affronteremo con tranquilla fermezza».

LA STAMPA

Rating 3.00 out of 5

No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.