Bersani: “È ora che Gentiloni si emancipi da Renzi e dica la verità agli italiani”
Bersani
Ex segretario del Pd prima di Renzi, è oggi tra i leader della scissione di Movimento democratico e progressista
«Non abbiamo ancora battezzato il bambino e ha già più pane che denti». Nel mezzo di un tour per l’Italia, Pierluigi Bersani sintetizza con una battuta delle sue l’accoglienza riservata a Mdp. «Ovunque ci sono più persone che sedie», sorride soddisfatto, nel piccolo ufficio che accoglie il nuovo gruppo parlamentare, da cui lancia un messaggio al premier Gentiloni: «Dica la verità agli italiani sull’economia».
«Siamo già ben oltre, glielo dico io. Del resto, in questa fase già mi stupisco che ci sondino: solo oggi, anniversario dell’approvazione dell’articolo 1, presenteremo il simbolo. È il momento di mettere l’orecchio a terra per sollecitare gente che non andava più a votare, che votava Pd ma non se la sente più, gente che vota M5S».
Non rischiate di favorire il M5S togliendo voti al Pd?
«Sarebbe vero se avessimo un sistema in cui chi arriva primo prende tutto, ma non è così. E se il M5S cresce bisogna cercare le ragioni: qualcuno può pensare che Consip e il voto su Minzolini non siano benzina per Grillo?».
L’ha stupita il voto su Minzolini?
«L’ho trovata una vicenda incomprensibile: non credo compatibile con la legge Severino che il Senato si faccia quarto grado di giudizio. E atteggiamenti diversi caso per caso possono solo portare confusione».
Alludeva al sistema elettorale: qual è la vostra proposta?
«Servono piccoli collegi per riavvicinare i cittadini ai loro rappresentanti. Il resto si discute: è possibile un proporzionale con qualche correzione che consenta di formare un governo, meglio con premio alla coalizione che alla lista».
Obiettivo vostro e di Pisapia è presentarvi insieme?
«Partendo da iniziative diverse stiamo cercando la stessa cosa: un centrosinistra largo e plurale. Ma nessuno dei due vuole fare un partitino. Come presentarsi si vedrà, non c’è ancora la legge elettorale. Il tema delle alleanze viene dopo».
Dice la Serracchiani che non rientrerete da una lista Pisapia…
«Ma sì, facciamo un listone tutto di Serracchiani… (ride). Quei toni spiegano più di tante cose la deriva del Pd».
Per Renzi è un’immagine da macchietta la sinistra di Bandiera rossa e pugno chiuso.
«Vedo nelle sue parole lo sberleffo: lui non sarebbe arrivato al Lingotto se qualcuno non avesse sventolato la bandiera rossa. Non accetto la presa in giro, soprattutto da chi non ha titoli».
Nonostante il giudizio sul Pd renziano, alle amministrative vi alleerete con loro?
«Alle amministrative andremo con una chiave di centrosinistra, favorendo liste civiche: da qualche parte sarà possibile presentare un candidato sindaco, altrove si potrà convergere con altri, in altre ancora daremo indicazioni da fuori».
Appoggerete candidati del Pd?
«Se il Pd non fa pensate strane, se ne discute. Non c’è nessun pregiudizio purché si resti nel centrosinistra».
Capitolo governo: che ne pensa dell’abolizione dei voucher?
«Voteremo la legge, ma non è quello che avremmo fatto noi. Si è fatta una inversione a U oltre il ragionevole per paura del referendum».
Gentiloni ha detto che non era il momento di spaccare il Paese…
«Sono d’accordo, ma se tu sei il governo, fai una proposta che riporta i voucher all’impostazione originaria, poi vai davanti al popolo, che è adulto, e la spieghi. A quel punto il referendum sarebbe diventato un osso di seppia».
Nelle nomine delle società partecipate vede lo zampino di Renzi?
«Vedo lo zampino che non c’è – quello di Gentiloni -, e quello che c’è troppo poco, quello di Padoan. In diversi casi siamo nel campo dell’opinabile. E mi fermo qui, perché la materia è delicata. Dico solo “buon lavoro”, perché c’è di mezzo parecchio di quel che resta dell’industria italiana».
A Gentiloni avete chiesto di togliere le deleghe al ministro Lotti, ma non sembra vi ascolti…
«Lotti dice che Marroni mente (Ad Consip, ndr.), e Marroni riceve la fiducia del ministero del Tesoro: uno dei due non la racconta giusta. Amerei che ci fosse un governo capace di prendere in merito una decisione».
Quale?
«Quella che ritiene opportuna, ma una decisione».
Ci spera ancora?
«Meglio tardi che mai: le cose lasciate alle spalle prima o poi tornano fuori».
Gentiloni è troppo poco autonomo da Renzi?
«Si può apprezzare lo stile di Gentiloni, che conosce la buona educazione, ma io lo incoraggio, col nostro aiuto, a segnare qualche discontinuità, ad affermarsi come capo di un governo che deve portarci al 2018 in condizioni di credibilità».
Quali sono i vostri paletti?
«Io chiedo solo una cosa: Gentiloni deve dire la verità agli italiani sull’economia, poi insieme vedremo come fare. La cosa che mi disturberebbe di più sarebbe la descrizione di mondi che non ci sono. Ci vuole un discorso serio e rigoroso sullo stato del Paese».
E sulla manovra che bisognerà fare?
«Si prepara una manovra in autunno da far tremare le vene ai polsi, bisogna discuterne. Quando sento Renzi dire di non aumentare l’Iva, gli ricordo che è lui che l’ha aumentata per il 2018, ora bisogna intervenire perché l’aumento non scatti. Mi auguro che Gentiloni si emancipi sempre di più da quella continuità».
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