Intervista a Enrico Mentana «Vado da Casaleggio con le mie idee No ai pregiudizi sui Cinque Stelle»
«Non è mica una rimpatriata tra amici, mi hanno invitato, vado», taglia corto Enrico Mentana e fosse per lui la chiuderebbe qui. Perché ha altre tremila cose da fare, è quasi l’ora del suo Tg La7 e soprattutto «non comprendo lo stupore».
Insomma. Questo sabato, all’Officina H dell’Olivetti a Ivrea, lei parteciperà al convegno «Sum-Capire il futuro» organizzato da Davide Casaleggio per ricordare il padre Gianroberto a un anno dalla scomparsa. Un evento very Cinquestelle.
«E allora? Ci saranno parecchie figure importanti, non vedo il motivo per cui avrei dovuto dire di no. Tra un mese parteciperò a un convegno simile, sull’uso improprio dei newmedia, con Boldrini e Minniti, dove non credo che sentirò parlare la stessa lingua. Vado dove c’è confronto».
È noto che i suoi rapporti con il Movimento sono sempre stati come minimo vivaci. Non più tardi di tre mesi fa è stato a un passo dalla querela dopo che Grillo aveva accusato i telegiornali di essere «fabbricatori di notizie false».
«Poi ha chiarito che non ce l’aveva con me. Sono stato l’unico a reagire, eppure attaccava l’intera categoria. Apprezzeranno che non mi nascondo, che non mi tiro indietro».
E infatti al simposio pentastellato ci sarà.
«E allora? Non vado certo lì a dire “Viva viva i Cinquestelle” o “Siete pronti a governare”. Però non comprendo il pregiudizio negativo del “no, voi no” verso una forza politica che raccoglie il 25 per cento dei voti. Io li ho sempre rispettati, senza rinunciare alle mie idee. Criticare non è attaccare, non è dire sono tuo nemico. Sono vergine sia di servo encomio che di codardo oltraggio».
Pochi giorni fa Giuliano Ferrara, che dice di volerle bene, ha scritto che lei è diventato grillino senza dirlo.
«Giuliano è una bravissima persona, intelligente. Da mesi però vive a Parigi e forse ha sbagliato tasto del telecomando».
E aggiunge che «Enrico procede dissimulando».
«Saprò bene io cosa penso. Non ho bisogno dell’expertise di un altro».
Dunque niente «inciucino» con l’M5S.
«Non ha molto senso. E mi offenderei allo stesso modo se mi etichettassero come anti-grillino. In 40 anni di carriera non ho mai conosciuto qualcuno che avesse sempre ragione o sempre torto. Non mi piacciono né i leccapiedi né i nemici di professione. C’è una frase di Ernesto Rossi che è per me un punto cardinale: “Se un fascista dice che piove, e piove, ha ragione il fascista”».
Dunque ha perdonato le sparate di Grillo.
«Ha spiegato che non c’entravo e mi è bastato. Gli altri giornalisti non si sono adontati e io non faccio il paladino della categoria. Per chiarirci, mi sarei arrabbiato anche se me lo avesse detto un mio parente stretto».
E di che parlerà a Ivrea?
«Parlerò di giornalismo con Gianluigi Nuzzi e intervisterò un famoso magistrato di cui non posso fare il nome».
Che potrebbe essere Francesco Greco, procuratore capo di Milano, ex Mani Pulite.
«Se fosse, ne sarei lieto. E lì si vedrà che la mia posizione sulla giustizia è diversa, non è quella dell’“in galera, in galera!” di Arbore e Boncompagni. Dirò la mia, quando ci sarà da dirla».
All’evento grillino parteciperà pure Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto di Messina, magistrato antimafia e anticorruzione. Le sembra opportuno questo mix tra toghe e politica?
«È sempre successo. Il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, non è forse andato al convegno Pd pochi giorni prima di Mafia Capitale? Non ci vedo nulla di strano. Quello che non va bene è fare politica e poi tornare in magistratura».
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