Due segnali che svelano la fragilità

Francesco Bei
 

Non è privo di utilità, per capire dove sta andando l’Italia e l’Europa, leggere insieme i due eventi politici della giornata di ieri, così apparentemente diversi. Da una parte l’elezione a sorpresa di un senatore Ap, con i voti dell’opposizione, a presidente della prima commissione di Palazzo Madama, quella per intenderci da cui passerà la legge elettorale; dall’altra la votazione on line del programma Esteri del M5S, con gli iscritti al blog chiamati a scegliere tre su dieci proposte pre-selezionate dagli «esperti».

 Il primo avvenimento, in tempi normali, sarebbe stato derubricato a incidente parlamentare. Poco più di un anno fa, sempre al Senato, venne eletto presidente della commissione lavori pubblici il forzista Altero Matteoli. E nessuno nel Pd si appellò a Mattarella. Ma in politica contano i tempi e il contesto. E il quadro attuale è di una debolezza imbarazzante: è debole il governo, al limite della paralisi. E’ debolissima la maggioranza, a Palazzo Madama esposta a ogni refolo, a ogni ricatto, a ogni rappresaglia. Poco importa se del voto di ieri siano responsabili gli scissionisti Pd per punire Renzi, una frangia di Ap per punire Alfano, il fronte dei proporzionalisti contro i maggioritari, oppure gli stessi renziani.

 

Magari per creare l’incidente e provocare una crisi. Quello che conta è che il Pd, con i suoi organi dirigenti, ha cercato di drammatizzare al massimo l’episodio, dando una forte scrollata all’albero in cima al quale è seduto Paolo Gentiloni. Qualcuno pensa davvero che una situazione tale possa durare ancora un altro anno?

 

E questo ci riporta alla seconda notizia di ieri, i grillini che avanzano nella costruzione di una forza di governo, con un programma che non siano solo slogan o «stelle». Stavolta è toccato alla politica estera, fondamentale per capire che tipo di Italia hanno in mente e dove la vogliono collocare in Europa e nel mondo. Con una certa schematizzazione, non è sbagliato inserire il M5S – alla luce della lettura dei dieci punti sottoposti al voto – in quel fronte composito di partiti e movimenti, di destra e di sinistra, che si propongono di smantellare l’Europa che conosciamo, con il suo sistema di trattati (compresa la Nato), per tornare a un mondo di Stati nazionali, al vecchio concerto europeo delle potenze, dove ciascuno è libero di perseguire i propri interessi.

 

In fondo, con tutte le dovute differenze fra il Fronte nazionale di Marine Le Pen – partito di estrema destra, venato anche di antisemitismo – e il Movimento Cinque Stelle, la visione europea che ne viene fuori è la stessa: Nazioni che si riprendono le quote di sovranità cedute nei decenni verso le istituzioni comuni, che siano l’Unione europea o la Nato. Governi che non si impicciano degli affari interni degli altri Paesi, fine dell’interventismo umanitario e stop alla diplomazia dei diritti umani. Significa che Putin è padrone a casa sua di fare ciò che vuole con i suoi oppositori interni, basta che continui a fare affari con le imprese italiane. Significa lasciare Assad libero di continuare a combattere la sua guerra ai «ribelli» nei modi che crede. Il testa a testa fra l’europeista Macron e la sovranista Le Pen in Francia segnerà il destino di tutta l’Europa. Se dovesse prevalere la candidata di destra, l’Ue sarebbe finita, inutile girarci intorno. Se al contrario all’Eliseo vincesse Macron e in Germania, in autunno, i tedeschi premiassero un altro grande europeista come Martin Schulz, la storia prenderebbe una svolta. Sarebbe il rilancio del sogno federalista. In Italia, quando finalmente arriveranno le elezioni, il bivio sarà ugualmente decisivo. Lo si è cominciato a capire ieri, bastava leggersi i dieci punti sul Blog.

LA STAMPA

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