Uno sciopero che ferisce la città
Ieri Milano ha vissuto un inutile mercoledì nero. Nella settimana della più importante manifestazione fieristica che attira in Italia migliaia di visitatori da tutti i continenti i sindacati hanno indetto uno sciopero del trasporto pubblico urbano che ha trascinato nel caos la città e ha lasciato senza parole gli ospiti stranieri. Il volantino con il quale Cgil-Cisl-Uil hanno argomentato l’astensione è quantomeno confuso. Parla del pericolo della «messa in discussione della qualità del servizio Atm» e accusa il Comune di Milano di voler avviare «un percorso che potrà portare allo spezzettamento del sistema della mobilità». Percorso. Potrà. Non c’era niente, dunque, di già deciso e comunque di così urgente da giustificare lo sciopero durante la design week. C’era tutto il tempo per il sindacato per poter discutere con le controparti — anche a muso duro — del futuro dell’Atm, delle scelte del Comune di indire o meno una gara europea e delle modalità migliori da adottare. Ma evidentemente il disegno era un altro: utilizzare il Salone del Mobile per arrecare il massimo del danno, sfruttare al meglio la rendita di posizione sindacale e regolare i conti con il sindaco Beppe Sala.
Come sempre è capitato, anche nei tanti venerdì neri del trasporto pubblico locale, le ragioni degli utenti, gli interessi della città, l’immagine internazionale di Milano, per le confederazioni non contano nulla. Sono meri effetti collaterali.Gli utenti servono, come fossero degli ostaggi, ad aumentare il potere di pressione e infatti nella tarda serata è stato raggiunto un accordo di massima con il Comune solo di fronte alla minaccia di ulteriori e pesantissime 24 ore di sciopero.
In questo modo però il lavoro fa autogol perché si contrappone frontalmente ad altro lavoro e soprattutto scommette sull’insuccesso della città. Milano invece merita di più di una sciatta replica dei conflitti del secolo scorso, ha diritto di veder dispiegata una moderna cultura del lavoro capace — certo — di tutelare i più deboli ma anche di far proprie le ragioni dello sviluppo di un’area che ha saputo riconquistarsi un rating internazionale di prima fascia e ora nel dopo Brexit ambisce ad altri riconoscimenti. L’articolazione del mondo del lavoro ambrosiano è di per sé un test di buona modernità: accanto a robusti presidi di lavoro dipendente la città è diventata lo snodo del lavoro autonomo di seconda generazione e vanta anche una partecipazione femminile ormai vicina al pareggio con gli uomini non solo in termini di nuovi flussi ma anche di stock assoluto. In più le donne sono riuscite a Milano a uscire dal recinto di quelle che i sociologi chiamano professioni-ghetto (nella scuola e nella sanità) e stanno occupando gran parte del terziario qualificato. È questa complessità del mondo del lavoro milanese che il sindacato stenta persino a leggere, gli viene più facile ribadire il proprio potere bloccando nei depositi tram e metro.
CORRIERE.IT
Peccato che sia proprio la mobilità una delle caratteristiche-chiave del lavoro moderno, non ci sono più le grandi cattedrali della produzione regolate dai turni fordisti e la partecipazione all’economia reale è fatta di spostamenti, di flussi, di decisioni prese all’ultimo momento. È per questo che gli scioperi dei trasporti costano al Pil molto di più di ieri, colpiscono il tessuto nervoso della società moderna, lo bloccano, rendono rigido ciò che dovrebbe essere mobile per definizione. E a pagare il prezzo più pesante sono i lavoratori dei servizi meno qualificati che non hanno alternative di spostamento e devono rassegnarsi a cancellare una giornata di lavoro. Contrapporre quindi il lavoro al Salone del Mobile, sommare lo sciopero dei bus a quello dell’Alitalia, è (purtroppo) la metafora di un sindacalismo che nell’anno di grazia 2017 sta ancora cercando la sua strada.
This entry was posted on giovedì, Aprile 6th, 2017 at 07:34 and is filed under Editoriali - Opinioni. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.