Bce, Draghi dice no alla Germania: “La stretta monetaria ora non è giustificata”
In un discorso all’università Goethe di Francoforte Mario Draghi conferma di voler tenere la barra dritta, nessun cambiamento di linea in vista: “La politica monetaria della Bce è pienamente appropriata”, ma nonostante vi siano segnali positivi è ancora troppo presto per dichiarare vittoria sull’inflazione.
Lo stop alla politica espansiva, chiesto dalla Germania, dunque può aspettare: “La ripresa Ue prende forza e si allarga, ma sull’inflazione è troppo presto per cantare vittoria”. Dopo le sue parole l’euro frena subito sul dollaro.
Il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, aveva appena chiesto una riduzione del volume di acquisti di titoli pubblici e privati condotto dalla Bce (Quantitative easing), per tenere conto delle migliori prospettive di inflazione. Draghi ha ammesso che la ripresa europea c’è, “spinta da un circolo virtuoso fra consumi in rialzo, crescita dell’occupazione e redditi da lavoro”. Una ripresa che sta beneficiando l’occupazione, anche nelle economie più colpite dalla crisi, come Italia e Portogallo. Però non bisogna pensare di aver superato la crisi. Per due motivi: i forti rischi geopolitici e soprattutto la frenata dell’aumento dei prezzi che si è registrata a marzo. Dunque, per ora, niente stretta monetaria.
“Le prospettive per la stabilità dei prezzi restano invariate – osserva Draghi – e“se i tassi di crescita e di occupazione stanno convergendo in tutta l’area dell’euro, nondimeno restano gap sostanziali in termini di livelli. In una grande parte dell’area ci sono ancora forti risorse sottoutilizzate” come dimostrano i gap di crescita negativi e gli alti livelli di disoccupazione. Questo è “naturalmente fondamentale nella nostra valutazione del percorso dell’inflazione, e cioè se vediamo un aggiustamento sostenibile che potrebbe rendere necessaria una riduzione del livello straordinario di accomodamento monetario”.
Draghi ha poi ricordato che la Bce ha definito quattro criteri per valutare il percorso dell’inflazione, e cioè il fatto che l’inflazione complessiva deve muoversi verso un livello vicino, ma inferiore al 2% nel medio termine, secondo che deve essere un fenomeno durevole e in stabilizzazione intorno a questi livelli con un buon grado di affidabilità, in terzo luogo che possa farcela da sola a mantenersi a questi livelli, e cioè anche a fronte di una riduzione del sostegno monetario e, infine, che il tutto valga per l’intera area dell’euro e non per singoli Paesi.
La Bce, ha sottolineato Draghi, “deve vedere segnali di un aumento delle pressioni perchè possa considerare l’inflazione non solo in convergenza ma in via di stabilizzazione intorno al nostro obiettivo”. Finora, tuttavia, “ci sono ben pochi segnali a questo riguardo”. Quindi, “è giustificata la cautela nel valutare quanto sia durevole l’outlook di inflazione”. Perché “si possa avere fiducia in un’inflazione stabile intorno al nostro obiettivo, dovremmo avere chiare conferme di un calo delle risorse sottoutilizzate e che questo si stia trasferendo alla formazione interna dei prezzi”. Per queste ragioni “è chiaro che un continuo sostegno alla domanda resta fondamentale. E questo risponde anche al terzo criterio: non siamo ancora in una fase in cui le dinamiche di inflazione possano essere considerate sostenibili senza il sostegno della politica monetaria. La ripresa dell’inflazione dipende ancora da condizioni di finanziamento molto favorevole a famiglie e imprese che, a loro volta, dipendono dal livello straordinario di accomodamento monetario definito oggi”.
IL GIORNALE