Casa, ticket e stipendi: ci mettono le mani in tasca
Stanno riprovando a metterci le mani in tasca. Tasse sulla casa, ticket sanitari, accise: ogni giorno spunta l’ipotesi di un nuovo aumento di imposte, nonostante ieri il rapporto della Corte dei conti abbia certificato che la nostra busta paga è tartassata di ben dieci punti in più rispetto alla media europea.
Di tagliare la spesa per davvero proprio non se ne parla. Cambiano governi e uomini, ma la musica resta la stessa, in tutti i campi. Ieri gli scellerati sindacati del trasporto pubblico hanno paralizzato Milano con uno sciopero proprio durante il Salone del mobile, la più importante e frequentata fiera d’Italia e d’Europa. Il confronto è stato stridente: da una parte, costretta a spostarsi a piedi, la migliore Italia del fare; dall’altra i privilegiati del settore pubblico a godersi lo spettacolo con le braccia conserte. Stesso discorso vale per l’Alitalia, i cui dipendenti hanno lasciato ieri gli aerei a terra invece di raddoppiare lo sforzo per salvare la compagnia dal fallimento incombente.
Tutto questo può spiegare, almeno in parte, la simpatia di una parte dell’opinione pubblica per il partito di Grillo, il «nuovo che avanza» e che promette la rivoluzione. Starei in guardia, perché al peggio non c’è limite e il rischio di cadere dalla padella alla brace è alto. Prendiamo quella che appare la migliore degli amministratori pentastellati, la sindaca di Torino, Chiara Appendino. Per salvare il suo primo bilancio la sindaca ha previsto undici milioni di maggiori ricavi da multe (tassa occulta), aumento del ticket per i parcheggi, aumento della Tari e della tassa per l’occupazione del suolo pubblico. Non contenta, ha iniziato un braccio di ferro con il governo centrale per farsi dare 61 milioni di trasferimenti in più. Mi sembra di capire che dalla «democrazia diretta» alla «tassazione diretta» il passo è stato breve per i torinesi e potrebbe esserlo, Dio non voglia, un giorno per tutti gli italiani.
No, la soluzione dei nostri problemi non può venire da chi teorizza la «decrescita felice». Vorremo «crescere felici», guidati da chi abbasserà le tasse e impedirà ai dipendenti pubblici di scioperare in quei pochi giorni in cui chi lavora – vedi in questi giorni a Milano – concentra le sue speranze di fare quadrare i conti di aziende e famiglie.
IL GIORNALE