Svezia, il paradiso buonista che sforna 300 foreign fighter
Anche dalla Svezia il denaro pubblico di sussidi sociali è partito per finire nelle tasche di combattenti dello Stato islamico.
La Scandinavia si scopre vulnerabile e deve vedersela con numerosi casi di abuso, da parte di immigrati, degli aiuti elargiti dal generoso sistema del Welfare nordico. È un rapporto del Centro nazionale per gli studi sul terrorismo della Swedish defence university di Stoccolma, realizzato per conto dell’Autorità di supervisione finanziaria, a evidenziare l’esistenza del cortocircuito assistenziale svedese. Decine le posizioni di abuso scoperte nel periodo 2013-2016. Si parla di contributi per l’affitto, assegni familiari e prestiti per studenti percepiti da individui che hanno lasciato la Svezia per Irak e Siria: sono 300 in totale i foreign fighter censiti, 120 quelli che hanno fatto ritorno in Scandinavia. Ma anche, addirittura, di una compagnia di intermediazione sociale aperta e sfruttata da immigrati per impossessarsi direttamente e indebitamente di sovvenzioni per disabili, al fine di dirottarle almeno in parte nella jihad.
Riuscire nel sistema non è stato nemmeno troppo complicato per chi lo ha messo in piedi. I combattenti sono stati capaci di succhiare migliaia di euro alle istituzioni grazie alla complicità di amici o parenti rimasti in Svezia. Questi ultimi hanno messo in pratica azioni per simulare la presenza sul suolo svedese di chi in realtà si trovava all’estero. Su di loro sono puntate ulteriormente le lenti delle autorità.
Sebbene in molti abbiano gettato acqua sul fuoco in merito alla questione dell’immigrazione in Svezia dopo la gaffe di Donald Trump sull’attentato mai avvenuto, non mancano, e non sono trascurabili, ulteriori problematiche connesse alla crescente presenza di stranieri. L’attentato di ieri ha scosso la nazione. Ma negli ultimi tempi i cittadini svedesi si sono sempre più abituati a notizie in cui la violenza arriva a toccare vette insolite per questi territori. Bande criminali straniere e svedesi hanno ormai preso confidenza addirittura con l’uso di bombe a mano e il sospetto è che siano importate dai Balcani da figure connesse ai canali di immigrazione illeciti. Negli ultimi due anni l’utilizzo è dilagato in tutta la Svezia: dai pochi e più isolati episodi del passato si è giunti a una cinquantina di esplosioni sia nel 2015 che nel 2016, con diversi feriti e un morto. Il 2017 non è esente: l’ultima esplosione risale alla fine di febbraio, a Malmo.
In generale la violenza è calata in Svezia negli ultimi vent’anni a fronte di una crescita del numero di immigrati e complessivamente la maggioranza dei crimini è commessa da svedesi, ma c’è da fare i conti con una recente recrudescenza dei reati contro la persona e con un’incidenza elevata dei fenomeni criminali tra gli stranieri, che hanno una probabilità 2,5 volte più alta di essere accusati di un illecito rispetto a cittadini svedesi nati da entrambi i genitori svedesi. Un tema, questo, strettamente legato all’altro problema connesso all’immigrazione: l’integrazione. Nonostante la grande cura della istituzione svedesi per l’inclusione, non sono pochi i quartieri caratterizzati dalle difficoltà di inserimento per la grande presenza di immigrati e dal disagio sociale, oltre che dalla criminalità. Il governo ha mappato 53 aree di questo genere in giro per il Paese, dove la situazione è complessa e sarà necessario intervenire.
Altro capitolo, quello dei nuovi ingressi in Svezia, che proprio in questi giorni stava ragionando sul fenomeno migratorio. A Stoccolma, prima dell’attacco, si lavorava per rafforzare i controlli ai confini e quelli interni con l’obiettivo di combattere l’immigrazione illegale.
IL GIORNALE