Così il Movimento diventa setta
Studioso, filosofo, schivo eremita dei giorni nostri. Nell’intervista esclusiva rilasciata a Lilli Gruber, Gianroberto Casaleggio è ritratto come un quasi padre della patria, a metà tra Alcide de Gasperi e Benedetto Croce.
Nei quaranta minuti di colloquio con Davide Casaleggio che, secondo la più ferrea tradizione monarchica, eredita azienda e partito insieme, il panegirico in morte del padre sfiora vette altissime a proposito della statura intellettuale, dell’acume analitico, dello spessore filosofico del vero fondatore del M5S. Come in ogni setta che si rispetti, si avvicina la beatificazione di Casaleggio senior, figura prossima alla levitazione, guru e ideologo ammantato di un’aura semireligiosa, certamente ultraterrena.
Tra gli epiteti che gli vengono attribuiti ne manca uno: Gianroberto Casaleggio era, prima di tutto, un imprenditore. Un businessman con fiuto per gli affari e l’innovazione, un brillante precursore che è riuscito in una impresa improba: grazie a lui un comico che sfasciava i computer sul palco è diventato il tribuno arruffapopolo capace di coagulare attorno a sé il consenso di un quarto degli elettori. Al di là dei predicozzi contro il consumismo, il «tecnoRobespierre» (copyright di Travaglio) nasce cresce e muore da imprenditore visionario, uomo del fare con un’atavica passione per la rete dei guerrieri del dittatore Gengis Khan e per la tavola rotonda di re Artù, per la sociologia di McLuhan e la fantascienza di Asimov.
Diplomato in informatica, dopo l’esperienza in Olivetti Casaleggio diventa amministratore delegato di Webegg, la joint-venture tra l’azienda di Ivrea e Telecom, specializzata in consulenza Internet. Accusato di essere un formidabile tecnico ma un manager un po’ sprecone, nel 2003 fonda la Casaleggio associati, il gioiellino di famiglia dedicato alle strategie di Rete, che annovera, tra i primi clienti, l’Idv di Antonio Di Pietro. Casaleggio comprende che la tecnologia è destinata a cambiare anche le strutture sociali, da ideologo del grillismo si cimenta in profezie ardite e immaginifiche, è del 2008 il video, Gaia, nel quale si prefigura per il 2054 un mondo senza divisioni, collegato in Rete, dove ti esprimi ininterrottamente sul governo della tua comunità, in un ambiente finalmente pulito, senza tabaccai e con i trasporti gratis.
Prima degli altri, Casaleggio si accorge che i partiti tradizionali sono alla canna del gas, attorno alla figura di Grillo costruisce un prodotto imprenditoriale di successo per il mercato politico. Trascurarne il profilo di imprenditore illuminato per esaltarne invece la dimensione filosofica, francamente marginale e inconsistente, non consente di cogliere la grandezza, e pure i limiti, del personaggio. L’uomo che si definiva populista, dalla parte del pueblo contro i partiti, ha fondato un partito che senza di lui non avrebbe mai visto la luce. A governare il mito della democrazia diretta c’è una società per azioni che s’ispira a Rousseau, ed è accusata di aver guadagnato fin troppo dal blog, che spiava le mail dei parlamentari e ha accantonato assai presto le riunioni in streaming, per non parlare delle votazioni online dall’esito controverso e disinvoltamente disatteso. Questa è la storia che oggi a Ivrea verrà consapevolmente omessa. Il percorso verso la santità è segnato.
IL GIORNALE