Molto marketing, poca politica: una kermesse in stile aziendale
È stata una partita bloccata a centrocampo, in cui è mancato il colpo del fuoriclasse. Francesco Greco alla fine non è venuto, quel tipo di legittimazione, culturalmente definitiva, per la Casaleggio ancora non c’è. Ma siamo vicini. Un format costruito come fossimo a La7, e non nella Olivetti di Ivrea, ma un problema ancora irrisolto: la Srl milanese che controlla il Movimento si allarga alla società, la società è tentata (sono i probabili vincitori), ma anche preoccupata, non si fida fino in fondo. E così alla fine il procuratore di Milano non viene. L’astronauta Paolo Nespoli non viene. Altri magistrati hanno rifiutato l’invito. Casaleggio senior amava fare, in azienda, un giochino, lo chiamava la «mappa del potere italiano», consigli di amministrazione, poteri, pezzi di Stato. Ecco: qui c’è per ora una tentata, mappa del potere M5S.
Gianluigi Nuzzi, uno dei due speaker ufficiali di questa giornata per ricordare Gianroberto Casaleggio (l’altro è Franco Bechis), dice la verità, forse stizzito: «Abbiamo invitato tanti magistrati: qualcuno ha detto sì, qualcuno ha detto no, qualcuno ha detto prima sì e poi no». E sulla defezione dell’astronauta Nespoli: «Non vorrei che qualcuno gli avesse detto che se fosse salito su questo palco, poi non sarebbe più salito su una navicella».
Non è chiaro a chi si riferisse, ma esprime frustrazione: per ora l’operazione di entrare in mondi nuovi riesce solo a metà. Viene Sebastiano Ardita, un fuoriclasse della magistratura. Alla fine, grande il contributo di Enrico Mentana («non sono diventato casaleggiano», ripete, e fa un discorso contro gli alternative facts dei social network, un po’ come parlare di corda in casa dell’impiccato,) e Marco Travaglio a tener su la cosa, con ritmo più televisivo, evita l’afflosciamento.
La platea non è semplicemente grillina. Ci sono tanti pensionati, per esempio Luciano Mion, 70 anni, ex della Olivetti: «Sono venuto qui perché conobbi Gianroberto, qui lo chiamavamo l’ombroso». Oppure queste due ragazze, studentesse di ingegneria, Greta di Novara e Lucrezia Tascini di Milano, che domandano: «Ma è possibile non ci sia una donna una sul palco?». Niente musica, a parte quella iniziale, un po’ alla Goblin di Profondo rosso. Le uniche evocazioni sono le frasi di Casaleggio messe su delle pile di fogli, casomai qualcuno proprio volesse strapparle e portarsele a casa.
Ci sono due movimenti, qui. La Casaleggio, che parla e sceglie chi deve parlare, e il Movimento dei parlamentari, che devono ascoltare. Non resta loro ormai che rivolgersi ai giornalisti. Roberto Fico dice a Sky che «la riunione del Bilderberg continuiamo a contestarla, ben venga che queste persone escano allo scoperto e le vediamo». Alessandro Di Battista fa battute («Se parlate di Leopolda querelo»). Di Maio è in seconda fila: la sua investitura non pare così scontata, oggi. Chiara Appendino nel frattempo è salutata affettuosamente da Davide Casaleggio. Ripete: «Faccio il sindaco di Torino, e farò questo i prossimi anni». Vedremo.
C’è il capo di Google in Italia, Fabio Vaccarono, evoca le «enormi possibilità di accesso all’informazione» (nessun riferimento però alla questione fake news e blog di Grillo). Nicola Bedin, il managing director del San Raffaele, un tempo considerato un istituto berlusconiano: sic transit gloria mundi. Oppure Paolo Magri, il direttore dell’Ispi.
Nicola Morra riflette, «la libertà si conquista, anche dentro il M5S, e io me la prendo», a chi gli chiede delle cose che non vanno. Gli interventi filano via un po’ soporiferi, più speech aziendali che politici. Carlo Freccero, sempre franco: «Il Movimento dev’essere una cosa più stropicciata, meno leccata, ci vorrebbe anche gente critica, su quel palco, e loro dovrebbero accettarla». Alle sei di sera Aldo Giannuli, la mente più antiveggente di quelle legate a Gianroberto Casaleggio, sorride disincantato: «Ogni tanto li faccio arrabbiare. Ma mi accettano. E se accettano me vuol dire che non sono così antidemocratici». Poi si allontana, immagine di un Movimento elegante e professorale, che probabilmente non c’è mai stato.
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