Renzi vuole blindarsi nel Pd e smarcarsi da Franceschini
I suoi avversari interni attaccano lui, lui attacca i Cinque Stelle. Orlando ed Emiliano guardano i sondaggi sulle primarie e cercano di recuperare qualche punto nella battaglia delle primarie, Renzi sembra interessato solo ai sondaggi che danno il Pd in recupero sui grillini.
La foto della Convenzione nazionale del Pd, che si è riunita ieri all’Hotel Ergife di Roma per proclamare i risultati dei congressi di circolo, è tutta qui: un Matteo Renzi che parla da segretario in pectore ed è già in campagna elettorale per le prossime politiche, mentre i suoi competitor provano a guadagnare tempo chiedendo un rinvio dei gazebo del 30 aprile. Motivo: la fatale tarantella in piazza di Michele Emiliano, che lo ha azzoppato e costretto, in canotta, su un letto di dolore, dopo lo strappo del tendine d’Achille provocato da un saltello troppo ardito. Lui resta bloccato a Foggia e interviene via videomessaggio, i suoi supporter a Roma chiedono «un sussulto di umanità» e un rinvio di «qualche settimana» delle primarie. Orlando sostiene la richiesta, i renziani tagliano corto: «Non se ne parla, la macchina è già in moto». Del resto, nessuno aveva ordinato al governatore di Puglia di ballare una tarantella elettorale.
All’Ergife c’è anche il premier Paolo Gentiloni, che dietro le quinte della convention si beve un caffè con Renzi, con il quale i rapporti sono tornati «più che sereni», si assicura. E, sempre dietro le quinte, i colonnelli dei candidati si occupano delle liste per l’Assemblea nazionale, che saranno votate il 30 aprile in abbinamento agli aspiranti segretari. Operazione più complicata in casa renziana, perché l’ex premier vuole assicurarsi una maggioranza blindata nella futura Direzione e non ritrovarsi a dipendere dai voti dei capicorrente alleati, Dario Franceschini in primis.
Al Pd, Renzi lancia un avvertimento: «Chiunque vinca, gli altri non passino i prossimi quattro anni a sparare sul quartier generale». Orlando assicura che «dal Primo maggio si lavora tutti insieme», ma attacca da sinistra il leader in pectore, rinfacciandogli il feeling con Marchionne «che guadagna come mille operai: sono stato ai cancelli di Mirafiori e non mi sarei sorpreso se mi avessero mandato via a calci». La replica di Renzi non si fa attendere: «Se non ti hanno preso a calci, Andrea, è perché noi abbiamo contribuito a tenerle aperte, quelle fabbriche, grazie anche al lavoro fatto da Sergio Marchionne».
Ma è l’unica concessione alla polemica interna: l’ex premier invita i suoi a guardare fuori casa, all’«Opa dei grillini sul futuro dell’Italia» lanciata da Ivrea, una «sfida che va raccolta» e possibilmente vinta. «Finalmente hanno trovato un capo, per via ereditaria, in Casaleggio», infierisce, avendo misurato l’incerto appeal del personaggio. La sfida ai Cinque Stelle Renzi vuol portarla anche sulla Rete: di qui il lancio di iniziative come la «App di Matteo Renzi», da scaricare sul telefonino, e della piattaforma «Bob» per contrastare la diffusione capillare di fake news da parte grillina. E sulla legge elettorale, l’ex premier prova a stanare i casaleggesi: «Hanno una proposta? Ce lo facciano sapere, siamo pronti a discuterne».
IL GIORNALE