Sospetti Pd su una regia per manipolare l’inchiesta
Chi c’è dietro? È questa la domanda che sempre più si fanno in casa Pd, dopo l’iniziale soddisfazione per quello che al momento appare come un vero e proprio gol in contropiede, la notizia dell’indagine sul carabiniere del Noe che avrebbe falsificato alcuni atti-chiave dell’inchiesta che riguarda Tiziano Renzi. Una vicenda che già a caldo, lunedì sera, Matteo Renzi aveva definito perlomeno «strana», pur ribadendo la propria «fiducia» nella magistratura. In casa Pd adesso si vuole chiarezza e fa arrabbiare la versione dell’avvocato del capitano Scarfato, l’uomo accusato di avere falsificato gli atti dell’indagine ai danni del padre di Renzi. Il legale punta sull’errore in buona fede del suo assistito, lascia intendere che il dolo non verrà provato. Una spiegazione che fa subito scattare Davide Ermini, renziano doc e responsabile giustizia del partito: «Le dichiarazioni dell’avvocato del capitano del Noe appaiono sconcertanti sotto il profilo della garanzia verso i cittadini».
Ci si muove con cautela, perché Renzi non vuole fare il Berlusconi del nuovo millennio attaccando le toghe e tantomeno intende aprire un fronte con le forze di polizia. Formalmente Ermini si preoccupa del buon nome dei carabinieri «l’Arma dei carabinieri non lavora così e il valore dei suoi militari lo vediamo e lo apprezziamo ogni giorno.
Ma se invece del dolo ci fosse stata una disattenzione o un errore, sarebbe meno grave? Come fanno i cittadini a sentirsi tranquilli? La professionalità dell’Arma non può essere mai messa in discussione».
A fare scudo ai magistrati, poi, è il vice-presidente del Csm Giovanni Legnini, che pure viene dal Pd: «Il Csm non può che sostenere e dare la massima fiducia al lavoro che la magistratura fa per accertare la verità». Così come Andrea Orlando, ministro della Giustizia: «La vicenda Consip e le sue irregolarità sono emerse anche grazie all’attenzione della magistratura e la fiducia nella giustizia non va messa in discussione». Anche lui, però, poi aggiunge che «è una vicenda, per il profilo che emerso, inquietante».
Solo Michele Emiliano, in casa Pd, resta in silenzio. Il presidente della Puglia, che è anche stato sentito come teste nell’inchiesta, ha evitato commenti pubblici, anche se uno dei parlamentari che lo sostengono di fatto sposa la tesi dell’avvocato di Scarfato: «Se è solo un errore materiale è inutile alzare un polverone. E poi, diciamo la verità, la sostanza non cambia, il quadro che emerge dall’inchiesta lascia molti dubbi che devono essere chiariti, a cominciare dalla questione della soffiata sulle cimici…».
Questa, peraltro, è anche la linea M5s e del fronte anti-renziano in generale, come spiega il capogruppo alla Camera Roberto Fico: «Anche dopo queste notizie il caso Consip regge eccome. Oggi abbiamo ancora Marroni, ad di Consip, che ci dice che è stato il ministro Lotti ad avvisarlo delle cimici nel proprio ufficio. È una vicenda ancora tutta da chiarire, dato che parliamo di un ente che gestisce appalti di miliardi di euro». E anche Luigi De Magistris, sindaco di Napoli e fiero avversario di Renzi, ci tiene a dire la sua, da ex magistrato: l’ipotesi di una falsificazione degli atti è «inquietante», ammette, «ma l’inchiesta mi sembra solida, spero che quanto prima si faccia piena luce su ogni aspetto di una vicenda che è arrivata a coinvolgere il comandante generale dei carabinieri, un ministro in carica e il padre dell’ex premier».
Ma altro che errore, dicono al Pd. «Mi sembra molto strano questo errore ripetuto su un’inchiesta che riguarda il presidente del consiglio…», dice il capogruppo alla Camera Ettore Rosato. «Comunque, a occuparsene c’è la magistratura e siamo convinti che andrà fino in fondo». Di sicuro, aggiunge, la vicenda si sta rivelando «una bolla di sapone, utilizzata strumentalmente da chi voleva mettere in difficoltà il governo». Ed è questo l’aspetto che preoccupa.
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