DisFatti Quotidiani
In qualsiasi ambito professionale se uno commette un grave errore e non lo giustifica in modo convincente, per prima cosa nell’ipotesi più soft – viene sospeso, in attesa di accertare la verità, per evitare altri guai.
Succede per gli amministratori delegati delle società, per i medici, per i piloti di aerei (anche per noi giornalisti) per chiunque insomma abbia responsabilità importanti nei confronti della comunità. Succede per tutti meno che per i magistrati e per i loro collaboratori più stretti. Prendiamo John Woodcock, pm di Napoli che ha avallato un falso per incastrare il padre di Matteo Renzi.
È vero che tutti siamo uguali di fronte alla legge (e a Dio) ma diciamo che in questo caso Tiziano Renzi era un po’ meno uguale, nel senso che il suo caso andava trattato con rigore assoluto perché avrebbe potuto (in parte è avvenuto) cambiare il corso della politica italiana, essendo ovvie le ricadute sul figlio Matteo. Parliamo quindi di un errore compiuto salvo prova contraria in malafede o comunque con una inaccettabile leggerezza – che non poteva accadere perché dovevano essere certi i controlli e le verifiche prima di dare in pasto il tutto all’opinione pubblica.
Uno quindi si aspetterebbe che il magistrato e i responsabili materiali del falso venissero immediatamente allontanati dal caso (meglio se dal mestiere). E invece niente. Woodcock e i suoi uomini continueranno è notizia di ieri a indagare sull’affare Consip come se nulla fosse. Per di più con il dente avvelenato con i colleghi romani che li hanno smascherati e quindi in cerca di rivincite e vendette.
La questione sta imbarazzando non poco. Marco Travaglio, avvocato difensore delle toghe (e dei grillini indagati) cerca di liquidare la faccenda come farebbe un bambino scoperto a fregare la merendina al compagno. E che sarà mai: «Non è la prima e non sarà l’ultima volta che un investigatore sbaglia», ha scritto ieri. E ancora: «Un errore spiacevole ma umanamente comprensibile». A parte che non parliamo di un «errore» ma di un «reato» (un capitano è indagato per falso), davvero vogliamo chiudere la faccenda con uno «spiacevole»? Spiacevole è arrivare tardi a un appuntamento, tramare contro lo Stato producendo falsi verbali è da matti. Non spiacevole ma pericoloso è che un magistrato e una procura che hanno attentato, sbagliando mira, alla famiglia di un leader politico continuino a fare il loro mestiere. Anche perché Woodcock, come noto, «non è la prima e (purtroppo) non sarà l’ultima volta che sbaglia». Sarà anche «umanamente comprensibile», ma adesso sarebbe ora di dire basta.
IL GIORNALE