Lotta alla povertà 300-500 euro al mese a 600 mila famiglie

paolo baroni
ROMA

Approvata poco più di un mese fa la legge delega sulla povertà adesso il governo spinge sull’acceleratore per far decollare di qui alle prossime settimane il nuovo Reddito di inclusione, il «Rei». L’esecutivo ha infatti inserito gli interventi di contrasto della povertà tra i pilastri del nuovo Programma nazionale di riforma che accompagna il Def al pari di privatizzazioni, concorrenza e spinta alla contrattazione decentrata. A inizio maggio i decreti attuativi dovrebbero approdare sul tavolo del Consiglio dei ministri fissando tutti i dettagli, ma già domani a Palazzo Chigi il premier Gentiloni e il ministro Poletti sigleranno un protocollo d’intenti con l’Alleanza contro la povertà che consentirà di muovere i primi passi. In particolare dovranno essere fissati i criteri precisi per determinare l’accesso al programma e quelli per stabilire l’importo del beneficio, il finanziamento dei servizi, i meccanismi per evitare che si crei un disincentivo economico alla ricerca di occupazione, quindi dovrà essere individuata la struttura nazionale che affiancherà gli enti locali competenti e che dovrà garantire una piena ed uniforme attuazione del Rei. Infine andranno definiti il piano operativo di monitoraggio e le forme associate di gestione.

 

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Strategia innovativa

L’azione di contrasto alla povertà – è scritto nel Pnr – «sarà incentrata su una strategia innovativa su tre ambiti». Oltre al varo del Reddito di inclusione, una misura universale di sostegno economico a favore dei nuclei in condizione di povertà e di disagio sociale o relazionale, i piani prevedono anche il riordino dell’insieme delle prestazioni di natura assistenziale di contrasto della povertà (carta acquisti per minori, assegno di disoccupazione, ecc.) per evitare doppioni ed il rafforzamento del coordinamento dei servizi sociali per garantire in tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni.

 

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I fondi

Sul piatto ci sono risorse importanti già indicate nel Def: complessivamente si parla di 1,18 miliardi per il 2017 e di 1,7 miliardi per il 2018. In realtà, attingendo ai fondi Pon Inclusione che serviranno a rafforzare i servizi territoriali a cui sarà affidata la presa in carico delle famiglie, si arriverà a impegnare 2 miliardi di euro all’anno.

 

2 milioni di persone

L’obiettivo del governo è di ampliare la platea dei beneficiari salendo dalle 400mila famiglie che attualmente percepiscono il Sostegno di inclusione attiva a quasi 600mila nuclei, per un totale di 2 milioni di persone (e poco meno di 1 milione di minori) che corrispondono a un po’ meno della metà degli italiani che si trovano in condizioni di difficoltà.

 

 

L’importo dell’assegno

Il nuovo Rei si rivolge a tutte le famiglie in difficoltà, anche quelle composte da una sola persona. Ma in via prioritaria interessa nuclei dove sono presenti minori, disabili, over 55 disoccupati e donne in accertato stato di gravidanza. Nel caso di totale assenza di mezzi il singolo che non supera i 3000 euro di Isee indicativamente potrebbe ottenere un contributo di 250 euro al mese, 390 euro la famiglia composta da due persone e circa 500 euro (l’equivalente dell’assegno sociale percepito dagli anziani) il nucleo composto da tre persone.

 

Come funziona

Tutta l’istruttoria sarà svolta dai Comuni a cui gli interessati dovranno inoltrare domanda, mentre i contributi verrebbero erogati dall’Inps, da definire ancora se attraverso una carta ricaricabile come avviene per la Sia o attraverso altri strumenti. In cambio le famiglie dovranno farsi parte attiva del progetto di reinserimento partecipando a piani di inclusione individuati caso per caso dai servizi territoriali. Chi riceverà il sostegno, in particolare, dovrà «sottoscrivere un patto con la comunità», che va dal buon comportamento civico all’accettazione delle proposte di lavoro che gli possono essere girate dagli uffici del Collocamento. Ovviamente il Rei è un contributo temporaneo (18 mesi rinnovabili, contro i 12 del Sia) ed è sottoposto a verifiche periodiche.

 

Una volta completato il progetto, con la famiglia che esce dalla condizione di povertà, il programma si intende ovviamente concluso. E quindi è possibile che per effetto della rotazione siano circa 4 milioni le persone che nel giro di un biennio arrivino a beneficiare di questo programma.

 

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