Il governo: sbarchi record non casuali: “Una regia guida i migranti in mare”

francesco grignetti
roma

L’impennata di sbarchi nei giorni di Pasqua ha avuto l’effetto di un’onda tellurica nelle stanze del governo. Non è normale che dai porticcioli libici partano 8500 migranti in poche ore. Un pullulare di barconi tutt’insieme ha preso il mare ed è andato incontro alle navi umanitarie. Un concatenarsi di eventi che ha messo in ginocchio il sistema di accoglienza dell’Italia e nelle stanze del governo ha generato il sospetto che questa escalation non sia stata casuale. «Un’azione logistica fuori dal comune, quasi di stampo militare», dice chi è a conoscenza del dossier. Un’azione sicuramente concertata. E ora è caccia ai registi.

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È più che un sospetto. È una certezza consolidatasi con l’affinarsi delle indagini: gli investigatori italiani hanno ricostruito la rotta dei gommoni, i porti di partenza, gli orari, i punti di incontro con le navi umanitarie, e si sono convinti che la Pasqua del 2017 abbia segnato un punto di svolta. Dietro le partenze si pensa che quantomeno ci sia la grande criminalità organizzata della Libia, ma non solo. Si guarda alle connection politiche in loco. Potrebbe essere scattata un’operazione per minare definitivamente il ruolo del premier Sarraj, che si era impegnato con l’Italia a far qualcosa contro gli scafisti. Ma non si perde di vista il secondo protagonista di questa vicenda: le navi delle Ong. Chi sono i veri finanziatori, da dove giungono le loro navi, quali inconfessabili accordi potrebbero avere alcune organizzazioni. Intelligence, polizia e militari sono stati tutti mobilitati, ciascuno per la propria parte, a trovare le risposte.

 

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Anche Matteo Renzi si è arrabbiato e ha dato voce ai retropensieri del governo: «Noi siamo accoglienti e salviamo vite umane, ma non possiamo essere presi in giro da nessuno, né in Europa, né da Ong che non rispettano le regole».

Renzi cita espressamente il «lavoro straordinario» del ministro Marco Minniti e l’indagine conoscitiva della Commissione parlamentare guidata da Nicola Latorre. «Si sta gettando una luce sulla vicenda».

 

 

Dalle audizioni che si tengono al Senato emerge come negli ultimi mesi le navi umanitarie abbiano surclassato le flotte ufficiali. Sistemandosi al limite delle acque territoriali libiche ed esercitando una «ricerca attiva», l’internazionale della solidarietà francese, tedesca e spagnola fa il pieno di migranti e poi, appellandosi alla legge del mare, li consegna nei porti italiani. Secondo lo stesso Renzi, «c’è un problema europeo, che prima o poi verrà fuori. Non è possibile che l’Europa abbia 20 navi che prendono e portano solo in Sicilia».

 

Anche la procura di Catania indaga su questo aspetto. E il tema riemerge di continuo nelle audizioni del Senato. Ieri finalmente qualcuno ha riconosciuto: «Quando girano così tanti soldi, non si può escludere qualche affare sporco». Era il commento di Valerio Neri, direttore generale di Save the Children in Italia, una Ong storica che si appresta a festeggiare i suoi 100 anni di storia e che il procuratore Carmelo Zuccaro considera «al di sopra di ogni sospetto». Neri però circoscrive l’area del sospetto: «Escludo categoricamente che qualcosa possa macchiare il profilo delle Ong più grandi, più strutturate, più storiche. Conosco le loro procedure interne e so che sono inattaccabili».

 

Di certe associazioni più piccole si sa che affrontano spese pazzesche e sono evasive sulle entrate. Più di un senatore cita il caso di Moas, una Ong con base a Malta fondata nel 2014 dal filantropo statunitense Chris Catrambone e da sua moglie Regina, che dispone di una nave di 40 metri, il Phoenix, battente bandiera del Belize, e di un aereo con cui pattuglia il mare. L’anno scorso utilizzava anche due droni per il cui nolo pagava 400 mila euro al mese. Moas dichiara di aver salvato 33 mila migranti.

 

Monta la polemica anche del centrodestra. Laura Ravetto, di Forza Italia, presidente del Comitato Schengen,sostiene che soltanto il 50% delle segnalazioni che ricevono le Ong arriva dalla nostra Guardia Costiera. «È una situazione delicata perché, se fosse vera, stiamo creando dei corridoi umanitari privati in mare».

LA STAMPA

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