L’attesa alla frontiera del Brennero: “Pronti a chiudere in 48 ore”

AP

I controlli dalla polizia austriaca cominciano molto prima della frontiera. Un accordo permette ai poliziotti austriaci di operare già in territorio italiano

niccolò zancan
 

La domanda è: cosa è stato fatto, poi, concretamente, di quella barriera al confine del Brennero, fra Italia e Austria, una barriera più volte annunciata, minacciata e raccontata nei minimi dettagli proprio dal governo austriaco? «Nulla, al momento nulla» risponde Sabine Rainthaler, capo ufficio stampa della polizia tirolese. «Adesso, alla frontiera non c’è niente. Ma siamo pronti a chiudere il confine nel giro di due giorni, nel caso arrivasse un ordine dal governo. Abbiamo pezzi di barriera mobile già preparati. E la superficie da coprire, fra l’asse stradale e quello della ferrovia, non è poi tanto vasta».

 

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Ogni tanto lo spauracchio ritorna. Un nuovo muro in Europa. Ma questa volta dentro, nel cuore dell’Unione. Era quasi un anno fa, il 27 aprile 2016, quando la stampa fu convocata nel primo autogrill oltre il confine. La campagna elettorale per le presidenziali austriache era in pieno svolgimento, il tema della difesa dei confini era uno degli argomenti più popolari.

La polizia spiegava ai giornalisti con slide, foto e dati alla mano in cosa consistesse il progetto. «La barriera sarà lunga 370 metri ed alta quattro». «Niente filo spinato, solo reti», precisava Erich Letternbichler il capo del dipartimento per i controlli sui migranti. La recinzione mostrata si inerpicava sulla montagna, fin dentro ai boschi. «Perché dobbiamo controllare anche chi, eventualmente, tentasse di passare il confine a piedi». Il numero di passaggi dall’Italia all’Austria, dopo l’estate del 2015, quella del grande esodo, si era drasticamente ridotto: 5084 migranti. «Ma l’invasione potrebbe esserci in estate, e noi vogliamo essere pronti», diceva Manfred Dummer un altro portavoce della polizia.

 

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Un anno dopo, il numero di passaggi attraverso quello specifico valico di frontiera, non l’unico fra Italia e Austria, si è ulteriormente ridotto. Almeno a sentire di nuovo Sabine Rainthaler: «2084 migranti sono stati intercettati al Brennero dal primo gennaio 2016 ad oggi. Di questi, 368 hanno potuto fare richiesta di asilo politico». Il che significa che non erano ancora stati identificati in Italia, così come prevederebbe il Trattato di Dublino. Il primo Paese europeo su cui un richiedente asilo poggia i suoi piedi è sempre quello che lo deve identificare e prendere in carico. Ma 368 migranti sono riusciti ad eludere tutti i controlli, fino ad arrivare in Austria da sconosciuti. Tutti gli altri, invece, sono stati riaccompagnati indietro alla frontiera italiana. Operazione che, in termine burocratico, viene definita «riammissione». In buona sostanza: la polizia austriaca intercetta un migrante che tenta di passare il confine, controlla le sue impronte digitali, verifica che sono già state prese in Italia. Quindi riassegna il richiedente asilo al Paese che deve occuparsi della sua domanda. L’Italia, certo. L’Italia per geografia. Per essere la prima terra sulla rotta del Mediterraneo. Per fare un altro esempio: le riammissioni dal confine svizzero nel 2016 sono state 19 mila. Tentativi falliti di proseguire il viaggio verso il Nord Europa.

 

I controlli ormai incominciano molto prima della frontiera. C’è un accordo che permette ai poliziotti austriaci di operare già in territorio italiano. Li vedi alla stazione di Bolzano, 80 chilometri prima del confine, controllare vagone per vagone. Uno dei problemi più delicati è quello dei minorenni non accompagnati. Perché è difficile negare a un adolescente la possibilità di ricongiungersi a un suo parente che si trova in Germania o magari in Svezia. Eppure questa è la quotidianità: la Procura per i minorenni di Bolzano ha dovuto occuparsi della riammissione di 350 migranti non accompagnati nel 2016. Ogni giorno un ragazzino tenta senza riuscirci di passare il confine.

LA STAMPA

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