I compensi d’oro dei top manager

di Fabio Sottocornola

MILANO Supera i 13 milioni la busta paga del 2016 di Sergio Marchionne. Tra stipendio base, bonus e incentivi, il top manager che ricopre diversi incarichi nella galassia Exor, guida la classifica dei più pagati in Italia. Dietro a lui si piazza Federico Ghizzoni, ex amministratore delegato di Unicredit che assomma agli emolumenti per l’incarico una indennità di buonuscita da 9,5 milioni di euro: l’assegno complessivo sale così a 12,2 milioni. Sul terzo gradino del podio si piazza Carlo Malacarne, fino a un anno fa presidente e amministratore delegato di Snam che incassa un totale di 8,5 milioni.

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Quanto guadagnano i vertici

La graduatoria (vedere tabella in pagina) è stata costruita a partire dalla Relazione sulle remunerazioni, un documento ufficiale e introdotto dal Testo unico della Finanza, che le società quotate devono presentare alla vigilia dell’assemblea con gli azionisti. Nel grafico sono considerati gli stipendi più alti degli executive che hanno ricoperto ruoli apicali nel corso del 2016 all’interno delle società del Ftse Mib, le aziende a maggiore capitalizzazione di Piazza Affari. Tornando al ranking, Marchionne ha incassato 10,6 milioni per Fca ma non ha preso soldi per Ferrari, che era andata in quotazione all’inizio dell’anno: il resto gli arriva per i suoi ruoli in Chn Industrial e nella stessa controllante Exor.

Scorrendo la classifica appare evidente l’importanza che hanno le buonuscite: alle prime dieci posizioni ci sono sette executive che oggi non ricoprono più la carica per la quale portano a casa una busta paga milionaria. Senza dimenticare altri casi di indennità da fine rapporto, non incluse nella tabella dal momento che le aziende non rientrano tra le blue chip della Borsa. Per esempio, a Carlo Pesenti, consigliere delegato di Italmobiliare, sono stati riconosciuti 12,8 milioni di euro in relazione «ai 26 anni di ininterrotto servizio» in Italcementi, la società ceduta ai tedeschi di HeidelbergCement e uscita dal perimetro della holding. A Fabrizio Viola, ex numero uno del Monte Paschi di Siena sono andati 4,3 milioni di euro: il banchiere ha devoluto l’emolumento da amministratore delegato (pari a 170 mila euro) al fondo Mp solidale creato per i dipendenti in difficoltà. Laura Cioli, che fino al 3 agosto dello scorso anno era amministratore delegato di Rcs Mediagroup (che pubblica, tra gli altri, il «Corriere della Sera»), ha percepito 3,7 milioni quale indennità di fine carica.

Il tema delle retribuzioni riconosciute ai capi azienda è sempre tra i più caldi a livello di governance, specie nella stagione delle assemblee, da Wall Street alla City di Londra. In qualche caso, con clamorose bocciature, come è successo lo scorso anno alla busta paga di Bob Dudley, numero uno della Bp (ex British Petroleum). Certo, l’Italia rimane lontana dai numeri americani: i casi più recenti arridono a Marissa Meyer, a capo di Yahoo, che incasserà 186 milioni di dollari per la cessione di alcuni asset a Verizon. C’è poi il caso di Rex Tillerson, numero uno del colosso Exxon Mobil. Vi era entrato come ingegnere nel 1975 ed è uscito con una liquidazione di 180 milioni. Adesso è Segretario di Stato con il presidente Donald Trump.

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