Fango e legni, i rifugi di Igor
Nascosto nella zona
«È ancora qui» si sbilancia chi gli sta dando la caccia. Anche perché le ultime tracce ritenute certe della sua presenza risalgono a pochissimi giorni fa. Igor, come tutti lo chiamano anche se è ormai certo che non sia quello il suo vero nome, lascia dietro di sé tane che un animale non potrebbe costruire: piuttosto grandi, impastate con il fango, coperte da legnetti e — come i giacigli — sempre in posti ben nascosti e da cui è facile osservare i dintorni. Dalle testimonianze di contadini, pescatori o cacciatori della zona, si sa con certezza che questa o quella tana, questo o quel giaciglio, non c’erano uno o due giorni prima. I cani annusano e confermano. Igor è prudente. Non lascia mozziconi di sigarette, nessun oggetto. Se le condizioni atmosferiche lo costringono a un riparo più protetto, sceglie i sottotetti di ruderi, fienili o cascine abbandonate, magari rischiando che crollino sotto il suo peso ma in una posizione che gli garantisce di vedere lontano. Però è costretto a cercare cibo e acqua: per quanto non siano difficili da recuperare in una zona di campagna (con tantissime case disabitate), questo lo costringe comunque a muoversi.
Le tracce di sangue
Ancora i cani: sentono la sua presenza «memorizzata» con le molecole di sangue di cui era intrisa una sua maglietta abbandonata all’inizio della grande fuga. Hanno segnalato i suoi passaggi (così hanno fatto anche vari testimoni) sempre nella stessa area: fra il Ferrarese e il Bolognese, fra i campi, i casolari abbandonati, i ruderi, i canneti lungo gli argini del Reno e del torrente Idice, nella zona compresa fra Argenta, Molinella, Budrio, Medicina, Consandolo, Conselice e Portomaggiore. Sono decine di chilometri quadrati e se è vero che gli uomini impegnati nella caccia sono quasi mille è anche vero che quelli dei corpi speciali che fanno irruzioni e rastrellamenti sono 150-200 mentre la gran parte — i militari delle compagnie territoriali dei carabinieri — servono per i tantissimi posti di blocco che cintano la zona rossa, area dove Igor ha sempre vissuto da quando è arrivato in Italia, più di dieci anni fa. Lì si è mosso da latitante dall’estate scorsa, cioè da quando e diventato un ricercato per varie rapine.
I social e il silenzio
Fra il maggio del 2015 e l’estate del 2016 lui è un uomo libero che ha scontato la pena per le vecchie rapine. È solo in quel periodo che lascia tracce su Facebook, postando fotografie dei suoi tanti travestimenti. Dall’ordine di cattura in poi torna la prudenza assoluta e nessuno ne sa più nulla fino alla rapina di Budrio, il 1 aprile, costata la vita al barista Davide Fabbri. L’8 aprile Igor uccide a Portomaggiore la guardia provinciale volontaria Valerio Verri e ferisce il suo collega Marco Ravaglia che lo seguono credendolo un cacciatore di frodo. È passata una settimana dal primo omicidio eppure non si è allontanato. «Non l’ha fatto nemmeno dopo. Mi creda, è ancora qui» è convinto il predatore.
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