Papa Francesco in Egitto: “Populismi sconcertanti. C’è bisogno di costruttori di pace”
di KATIA RICCARDI
IL CAIRO – È arrivato con un messaggio di pace, papa Francesco, al Cairo. Per le strade sfilano furgoni dell’esercito e soldati. Molti hanno il volto coperto e si notano al Cairo sul viale El-Orouba, quello lungo il quale è passata la Fiat tipo di Bergoglio dopo aver lasciato l’aeroporto.
Il dispiegamento di mezzi per il trasporto truppe, tra camionette della polizia e mezzi della “sicurezza centrale”, c’è anche sul prolungamento del vialone, la Salah Salem Street, e al ponte del “6 ottobre” sul Nilo spicca un blindato con mitragliatrice pesante. Quasi tutte le vie di accesso al viale El-Orouba sono bloccate. Ma dal finestrino dell’auto Francesco legge anche i cartelli colorati delle persone: “Welcome Pope Francis”, “Papa di pace nell’Egitto di pace”, e sente la gioia particolare di un milione di lavoratori di Sharm el Sheik in festa.
Il Papa è atterrato puntuale, alle 14. È il secondo Pontefice a visitare l’Egitto, dopo Giovanni Paolo II, che si recò al Cairo e sul Monte Sinai nel 2000. Accolto dal premier egiziano Sherif Ismail, salutato fra gli altri anche dal patriarca della Chiesa cattolica copta, Abramo Isacco Sidrak, da una suora e un bambino, Francesco ha cominciato il suo 18esimo viaggio apostolico Internazionale. Un “protocollo d’accoglienza veloce”, perché subito dopo il pontefice si è recato al palazzo presidenziale di Ittihadiya al Cairo, nel quartiere orientale cairota di Heliopolis, atteso dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi.
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Con occhiali da sole, Sisi ha accolto Francesco sulla porta del bianco palazzo. Al Papa sono stati resi onori militari al suono degli inni vaticano, egiziano e di uno ‘patriottico’. Fra i marmi di una sala riccamente decorata, le formalità, lo scambio dei doni, l’incontro privato, dove il Papa potrebbe aver parlato della famiglia Regeni, che ancora chiede verità sulla morte del figlio Giulio. “L’Egitto ha un compito singolare: rafforzare e consolidare anche la pace regionale, pur essendo, sul proprio suolo, ferito da violenze cieche” ha sottolineato nel discorso alle autorità egiziane. Nell’occasione, pur senza nominare Regeni, il Papa ha parlato del dolore “delle famiglie che piangono i loro figli e figlie” e ha rivendicato “un rigoroso rispetto dei diritti umani”. “Violenze – ha scandito – che fanno soffrire ingiustamente tante famiglie, alcune delle quali sono qui presenti”.
Papa Francesco potrebbe aver sollevato il caso dell’omicidio del ricercatore Giulio Regeni con il presidente Al Sisi nel loro incontro privato. Lo ha riferito una fonte diplomatica europea al quotidiano egiziano Al-Ahram. La famiglia Regeni, aveva fatto apertamente richiesta al Pontefice di parlare del figlio Giulio
Dopo la visita al presidente Francesco ha abbracciato per la seconda volta il Grande Imam di Al-Azhar, il più prestigioso ateneo dell’Islam sunnita, Ahmed Al Tayyib. Un lungo abbraccio dopo l’incontro al Vaticano lo scorso anno. È la prima volta che un Papa visita questa istituzione. Il discorso di Francesco alla conferenza internazionale di Pace promossa da Al Tayyib, di fronte al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, è stato deciso, forte. E l’ha cominciato in arabo: “As-salamu ‘alaykum”. Che la pace sia con voi.
Quella che chiede e per la quale prega, è una pace indiscutibile, pulita, chiara: “Si assiste con sconcerto al fatto che, mentre da una parte ci si allontana dalla realtà dei popoli, in nome di obiettivi che non guardano in faccia a nessuno, dall’altra, per reazione, insorgono populismi demagogici, che certo non aiutano a consolidare la pace e la stabilità: nessun incitamento violento garantirà la pace, ed ogni azione unilaterale che non avvii processi costruttivi e condivisi è in realtà un regalo ai fautori dei radicalismi e della violenza”.
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“Vi ringrazio, o Papa, per le vostre giuste dichiarazioni che non qualificano l’islam come terrorismo”, ha detto Al-Tayyib parlando di “vostra visita storica” che avviene “durante una catastrofe umana estremamente triste”.
La soluzione per la pace descritta da Francesco “per prevenire i conflitti ed edificare la pace” è “adoperarsi per rimuovere le situazioni di povertà e di sfruttamento, dove gli estremismi più facilmente attecchiscono, e bloccare i flussi di denaro e di armi verso chi fomenta la violenza. Ancora più alla radice, è necessario arrestare la proliferazione di armi che, se vengono prodotte e commerciate, prima o poi verranno pure utilizzate. Solo rendendo trasparenti le torbide manovre che alimentano il cancro della guerra se ne possono prevenire le cause reali”. Un impegno “urgente e gravoso” cui “sono tenuti i responsabili delle nazioni, delle istituzioni e dell’informazione”.
Come impegno finale della giornata il Papa ha incontrato anche il patriarca dei copti, papa Tawadros II. “Ancora recentemente, purtroppo, il
sangue innocente di fedeli inermi è stato crudelmente versato” ha detto rivolgendosi al “Carissimo Fratello” Francesco ricordando le vittime egiziane dell’Isis, sottolinenando che il loro sacrificio unisce le chiese cristiane attraverso “l’ecumenismo del sangue”.
“Come unica è la Gerusalemme celeste, unico – ha affermato – è il nostro martirologio, e le vostre sofferenze sono anche le nostre sofferenze, il loro sangue innocente ci unisce”. “Rinforzati dalla vostra testimonianza, adoperiamoci – ha chiesto – per opporci alla violenza predicando e seminando il bene, facendo crescere la concordia e mantenendo l’unità, pregando perché tanti sacrifici aprano la via a un avvenire di comunione piena tra noi e di pace per tutti”. “La meravigliosa storia di santità di questa terra non è particolare solo per il sacrificio dei martiri”, ha esortato Bergoglio che al tema dell’ecumenismo del sangue ha dedicato gran parte del suo intervento di oggi pomeriggio al Patriarcato copto.
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