“L’invasione è organizzata”. Si svegliano anche i pm
Il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, che sta indagando sul caso, non demorde: è molto probabile ha ribadito ieri che alcune organizzazioni umanitarie che si occupano del recupero in mare dei profughi siano finanziate o in qualche modo in combutta con gli scafisti che organizzano la tratta di essere umani.
È un sospetto forte e fondato che noi de il Giornale insieme a pochi altri colleghi abbiamo avanzato da tempo. Troppe sono infatti le coincidenze che si verificano in quel tratto di mare che non è un oceano ma neppure un laghetto. I soccorritori come ha ben documentato Luca Donadel, giovane e curioso informatico, studiando le tracce delle navi si trovano sempre al posto giusto al momento giusto, quasi si diano appuntamento con i trafficanti e il loro carico di disgraziati. E poi c’è la questione economica: va bene la solidarietà, ma da dove arriva la montagna di soldi che le Ong enti di diritto privato e senza particolari obblighi di trasparenza dei bilanci mettono in campo per finanziare le operazioni? La questione non si può liquidare, come ha fatto ieri il ministro della Giustizia Andrea Orlando, con un attestato di fiducia al mondo del volontariato.
Su questo tema non si può essere equidistanti tra i sospetti del magistrato e la generica difesa dei soccorritori. Già le mafie libiche e non solo quelle si arricchiscono a danno nostro con le tariffe del trasporto, se lo facessero anche i «salvatori» privati sarebbe davvero troppo. Del resto già due anni fa Salvatore Buzzi, che non è un magistrato ma uno dei capi di «Mafia capitale», intercettato confidava che «con gli immigrati si guadagna di più che con la droga».
I sospetti del magistrato catanese vanno anche oltre, e si avvicinano alle tesi di Oriana Fallaci e di Michel Houellebecq, autore del libro Sottomissione. E cioè che questa invasione ha una regia tesa a destabilizzare economicamente, culturalmente e politicamente la vecchia Europa. Il copione è quello di lasciare volontariamente flebile il confine tra bisogni e solidarietà, tra affari e malaffari, perché è nel torbido che le cose possono procedere sostanzialmente indisturbate. Ora, forse, abbiamo trovato un possibile bandolo della matassa. Non fermiamo chi cerca di srotolarla, perché la posta in gioco è il nostro futuro.
IL GIORNALE