Piano in tre punti per le Ong: più controlli sui soccorritori
Sulla questione dei migranti, del ruolo delle Ong, il presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre, Pd, invita da giorni a riportare l’attenzione al merito dei problemi. Che stia emergendo un quadro di anomalie, Latorre non ha dubbi. Entro 7 giorni l’indagine sarà conclusa e ci sarà una bozza di relazione finale. Con un interrogativo al centro: come governare un fenomeno tanto nuovo e travolgente?
Secondo elemento che dovrebbe finire nella relazione di Latorre è un’iniezione di trasparenza sui soldi di queste Ong. Si richiederà la totale apertura sui finanziamenti e le spese. Naturalmente qui s’intendono le Ong che vogliano partecipare alle operazioni di soccorso in mare nell’area di competenza italiana. La logica sarà sempre la stessa: mettere ordine in una situazione che è divenuta confusa oltremodo con una sorta di «white list» di chi accetta di farsi controllare i conti. Poi, certo, le Ong potranno rifiutarsi. «Ma perché negarci la trasparenza se non hanno nulla da nascondere?», saranno legittimati a domandarsi in Senato.
Terzo, l’operazione di «riordino» potrebbe avere una dimensione italiana, ma Latorre spera in un intervento dell’Europa giacché il problema investe l’intero continente sia per le conseguenze, sia per le Ong all’opera che sono tedesche, spagnole, francesi, maltesi, italiane. Ne ha già parlato con il suo omologo tedesco, che si è mostrato attento al problema, ed è alle porte un incontro con Federica Mogherini. Solo la Commissione di Bruxelles potrebbe gestire un coordinamento extranazionale.
Alla Mogherini l’Italia chiede anche di spingere sulle Nazioni Unite perché investano maggiori energie in Libia, ad esempio coinvolgendo l’Unhcr (Alto commissariato per i rifugiati), oppure l’Oim (Organizzazione internazionale delle migrazioni) o ancora l’Imo (Organizzazione Marittima Internazionale). In fondo queste agenzie dell’Onu sono tirate in ballo in quanto vigilano sulle Convenzioni internazionali, quali Amburgo per il soccorso ai naufraghi, o Ginevra per i diritti dei rifugiati, che sono l’ombrello giuridico di quanto avviene. Ragiona Latorre ad alta voce: «Se l’Unchr tornasse a Tripoli, ad esempio, e riprendesse a vigilare sui campi di raccolta dei migranti, finirebbe almeno lo scandalo delle violenze ai loro danni».
Non sfugge però il nodo della questione: le navi umanitarie sono al largo della Libia per uno scopo politico prima che umanitario. Come dice don Armando Zappolini, presidente del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, indignato perchè «di fronte a precise e gravi responsabilità istituzionali, si deve assistere a un ribaltamento, mettendo sul banco degli imputati proprio coloro che hanno coperto i buchi delle istituzioni». Per dirla chiara, le Ong accusano i governi europei di avere abbandonato il mare, facendo arretrare le navi di Frontex, proprio per rendere sempre più difficile la traversata tra Libia e Italia. Il dialogo parte in salita. Giusto per capire il clima, tre Ong tedesche si sono rifiutate persino di farsi ascoltare dal Senato.
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