Torna Renzi, “ciaone” Gentiloni
Come previsto Matteo Renzi ha stravinto le inutili primarie del Pd. E lo ha fatto con una percentuale tale che molto probabilmente (mentre scriviamo lo spoglio è ancora in corso) gli consegna il controllo assoluto del partito, forse più di quando lo ha lasciato (per finta) solo pochi mesi fa.
La prima considerazione è che il governo Gentiloni è politicamente finito. Quando e come cadrà da oggi è solo un fatto tecnico. Di fatto il premier e i suoi ministri non hanno più alcuna autonomia, ammesso che l’abbiano mai avuta, e sono ostaggio di Renzi come accadde a Enrico Letta detto «stai sereno».
Oggi finisce di fatto anche questa tormentata legislatura, nata male, e sopravvissuta solo grazie al tradimento di Alfano e alle acrobazie di Verdini. E che si è macchiata della vergognosa espulsione dal parlamento del leader dell’opposizione Silvio Berlusconi. Che si voti in autunno o più in là, poco cambia. Da oggi l’agenda politica ha un solo appuntamento: andare a votare, perché questa è l’unica cosa che interessa a Matteo Renzi. La sua è una ossessione personale: tornare a Palazzo Chigi, essere accolto e riverito come primo ministro dentro e fuori il Paese. A lui non importa fare ma essere, ed è davvero disposto a tutto pur di raggiungere l’obiettivo.
Detto che chi nel Pd in questi mesi di «vacanza» gli si è messo contro o anche solo di traverso è un uomo morto (la sua furia vendicatrice è ben nota) e per cui non sono da escludere nuove scissioni, adesso a Renzi tocca l’onere di fare la prima mossa vera del nuovo corso, cioè proporre una legge elettorale. Lo farà trattando con Berlusconi o con Grillo? Lo sapremo presto, e dalla scelta capiremo chi teme di meno nelle urne (con Berlusconi se ha più paura di Grillo o viceversa).
In ogni caso il nuovo Renzi non ha più il potere di prima. La sua inaffidabilità è stata smascherata, la sua invincibilità smentita, la sua presunta bravura sbugiardata dal fallimento di tutte – dico tutte – le riforme fatte durante il suo mandato. E per ultimo, non in ordine di importanza, al Quirinale non c’è più quel trafficone comunista di Giorgio Napolitano che agevolò la sua ascesa (salvo poi pentirsene) ma un uomo saggio come è Mattarella. Insomma, Renzi torna a comandare ma non a incantare. Oggi la partita è meno truccata di quella di tre anni fa.
IL GIORNALE