Migranti, navi private e rotte segrete Accuse nel dossier segreto di Frontex

«Nel 90 per cento dei salvataggi eseguiti dalle navi delle Organizzazioni non governative nel 2017, le imbarcazioni coinvolte sono state individuate direttamente dalle Ong e soltanto in seguito è stata data comunicazione al centro operativo della Guardia costiera a Roma». È questa una delle accuse contenute nel rapporto riservato di Frontex su cui sta indagando il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Sono venti pagine, allegate al dossier principale, che si concentrano sull’attività svolta nel Mediterraneo da otto navi «private»: «Sono i trafficanti che operano in Libia e la Guardia costiera operativa nell’area di Sabrata e di Az Zawiya a contattare direttamente le navi delle Ong che operano vicino alle acque territoriali della Libia». Le associazioni hanno già respinto come «infamie» le contestazioni dell’organismo dell’Unione Europea specificando di aver «come unico obiettivo il salvataggio delle vite umane», ma proprio su questo si concentrano le verifiche disposte dal magistrato.

Nell’elenco otto navi «private»

Nella relazione sono indicati i mezzi e le relative Ong: Sea Watch di SeaWatch.org che batte bandiera olandese e porta fino a 350 persone; Aquarius di Sos Mediterraneo/Medici senza frontiere di Gibilterra con una capienza di 500 persone; Sea Eye di Sea Watch.org dall’Olanda, fino a 200 persone; Iuventa di Jugendrettet.org bandiera olandese con 100 persone; Minden di Lifeboat Project tedesca per 150; Golfo Azzurro di Open Arms da Panama che porta fino a 500 persone; Phoenix di Moas con bandiera del Belize che ne imbarca 400; Prudence di Medici senza frontiere con bandiera italiana che è la più grande visto che ha 1.000 posti. Gli analisti di Frontex hanno esaminato le rotte seguite nel 2017 e si sono soffermati sulle modalità di avvicinamento alle acque libiche monitorando in particolare il periodo che va dal 13 al 27 marzo 2017. Ma hanno utilizzato anche «le informazioni provenienti dagli interrogatori dei migranti appena sbarcati, i report provenienti dagli apparati di intelligence di alcuni Stati». E sostengono che proprio in quell’arco di tempo «prima e durante le operazioni di salvataggio, alcune Ong hanno spento i transponder per parecchio tempo».

Il trasferimento in mare e i nove bambini

Accusa Frontex: «Il 18 febbraio scorso due mezzi veloci della Golfo Azzurro hanno interferito con la navigazione di un’imbarcazione della Guardia costiera libica che stava rientrando in Libia e hanno convinto l’ufficiale a bordo a trasferire i migranti sul proprio mezzo». In realtà nel report della vicenda contenuto nella stessa relazione viene chiarito che i migranti erano «otto uomini, cinque donne e 9 bambini» che erano stati appena salvati. Il report specifica che l’episodio è avvenuto «in acque internazionali, appena fuori Sabrata». E così lo ricostruisce: «Alle 7,05 la sala operativa della Guardia costiera a Roma riceve una telefonata per una barca in difficoltà. Allo stesso tempo una piccola imbarcazione in legno viene intercettata dalla Guardia costiera libica. Le viene ordinato di tornare indietro e inverte la marcia. Alle 8,00 due mezzi Rhib (gommoni con la chiglia rigida) appartenenti alla Golfo Azzurro appaiono ad alta velocità e intercettano il convoglio. C’è una breve discussione e poi i due Rhib assistono le persone dell’imbarcazione in legno. L’equipaggio della Golfo Azzuro pubblica online le immagini del salvataggio. La Ong dichiara che i migranti sono stati salvati a 60 chilometri dalla costa. In realtà l’incidente è avvenuto a 36 chilometri dal litorale libico che si trova a 16 chilometri dalle acque territoriali. Alle 8,10 la Golfo Azzurro dichiara alla sala operativa di Roma di aver preso a bordo 22 migranti. Nessun cenno viene fatto alla presenza della Guardia costiera libica».

«Così gli scafisti si mescolano ai migranti»

Nel dossier gli analisti di Frontex contestano le modalità di salvataggio svolte dalle Ong sostenendo che ciò interferisce in alcuni casi con le indagini sui trafficanti. E scrivono: «Si deve tenere conto che quando le navi delle Ong intervengono in varie operazioni di salvataggio simultaneamente o in periodi di tempo ravvicinati, i migranti di naufragi diversi vengono caricati insieme sulle varie imbarcazioni delle Organizzazioni. E questo provoca difficoltà alle autorità italiane per identificare i possibili scafisti tra gli stranieri». Poi accusano: «I telefoni satellitari consegnati agli scafisti contengono la lista dei contatti con i numeri diretti delle navi delle Ong e i migranti vengono istruiti dai trafficanti a segnalare la propria posizione». Un’affermazione che i responsabili delle associazioni liquidano sdegnati: «I nostri obiettivi sono esclusivamente umanitari».

CORRIERE.IT

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