l futuro della sinistra e perché Renzi non vuole le elezioni

di EUGENIO SCALFARI

HO PENSATO e scritto più volte che è necessario sapere in che cosa consiste una sinistra moderna e perfino una sinistra rivoluzionaria. Credo di averlo finalmente capito e comincio questo articolo chiarendo questo punto fondamentale.

«Dobbiamo anzitutto ricordare che nessuno di noi è un’isola, un Io autonomo e indipendente dagli altri e che possiamo costruire il futuro solo insieme senza escludere nessuno. Anche le scienze ci indicano oggi una comprensione della realtà dove ogni cosa esiste in collegamento, in interazione continua con le altre. Basta un solo uomo perché ci sia speranza e quell’uomo puoi essere tu. Poi c’è un altro “tu” e ancora un altro “tu” ed allora diventiamo “noi”. Quando c’è il “noi” allora comincia la rivoluzione.

Che cos’è la rivoluzione? È un movimento che parte dal cuore per ascoltare il grido dei piccoli, dei poveri, di chi teme il futuro, il grido silenzioso della nostra casa comune, della Terra contaminata e malata. È in chi ha bisogno dell’altro. Quanto più sei potente, quanto più le tue azioni hanno un impatto sulla gente, tanto più sei chiamato ad essere umile perché altrimenti il potere ti rovina. Il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei politici, dei grandi leader e delle grandi aziende. La loro responsabilità è enorme ma il futuro è soprattutto nelle mani delle persone che riconoscono l’altro come un “tu” e se stesso come parte di un “noi”. Anche i bisogni ma degli altri ed è questa la rivoluzione».

Secondo me così si configura la sinistra moderna ed è opportuno chiarire che le parole sopra trascritte le ha dette papa Francesco il 26 aprile scorso parlando alle tre del mattino in un videomessaggio all’incontro internazionale intitolato Il futuro sei tu, a Vancouver. Non si poteva dir meglio sia ai poveri derelitti sia ai potenti, ai ricchi e ai leader politici.
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Di leader politici ce ne sono pochi, anzi ce n’è uno soltanto ed è Matteo Renzi. Può piacere o non piacere, ma questo aspetto sentimentale dice poco. Per giudicarlo occorre valutare che cosa sta facendo e che cosa si propone per il futuro, per se stesso e per il Partito di cui è tornato ad essere il segretario dopo le “primarie” del 30 aprile. Anzitutto per quanto riguarda le prossime elezioni politiche, la natura del partito che di nuovo dirige, il governo sostenuto dal suo partito, il rapporto con l’Europa.

Una cosa sembra certa: non ha alcuna intenzione di andare al voto anticipato. Molti osservatori si dicono certi che voglia andare al voto ad ottobre se non addirittura prima. Sbagliano. Sarebbe un macroscopico errore se lo facesse: dovrebbe mettere in crisi il governo Gentiloni che è fin dall’inizio sostenuto e addirittura formato dal Pd e si scontrerebbe anche con il presidente Mattarella. Perché? Le elezioni saranno in ogni caso difficili, ma se venissero anticipate il Pd andrebbe sicuramente incontro ad una sconfitta.

Renzi ha molti difetti, ma non è uno sciocco e quindi il voto anticipato non ci sarà fino a quando la legislatura non sarà legalmente terminata e le Camere legalmente sciolte da Mattarella, come la Costituzione prevede. Quindi si voterà tra aprile e maggio del 2018. A quel punto Renzi con il partito da lui guidato affronteranno le urne.

In questo momento i sondaggi registrano un fatto nuovo: i democratici hanno superato i Cinquestelle. Le cifre oscillano tra un minimo dello 0,2 punti al 2 per cento, un minimo e un massimo ma comunque un sorpasso del Pd verso Grillo. Scegliamo una cifra media: un sorpasso dell’1 per cento. Così si registra oggi. Nei prossimi mesi tutto può cambiare ma non dipende soltanto da noi ma anche da ciò che accadrà in Europa e specialmente in Francia e in Germania. Questa sera sapremo se in Francia avrà vinto Macron. È molto probabile che sarà così. In questo caso Macron avrà tutto l’interesse di far blocco con l’Italia e quindi con Renzi. Ripercussioni negative ci saranno su Salvini se Le Pen sarà sconfitta e se si dimetterà come è molto probabile. In tal caso la Lega perderà molti voti e soprattutto terminerà definitivamente la sua eventuale alleanza con Berlusconi. Il Cavaliere ha già altri progetti in testa, ma l’esito delle elezioni francesi li confermeranno.

Quanto all’Europa, sia la Francia sia l’Italia punteranno al cambiamento della politica economica europea dal rigore tedesco alla crescita. Questo è anche il parere di Draghi che punta sull’aumento della produttività ed anche sul rilancio degli investimenti e della domanda.

È difficile prevedere la politica di Merkel, ma si profila un cambiamento nella politica tedesca: i socialisti guidati da Schulz si sono abbastanza rafforzati ma non al punto di prendere il posto di Merkel. Con tutta probabilità si formerà di nuovo la grande coalizione tra Cdu e socialisti, i quali tuttavia faranno sostituire alla politica economica del rigore quella della crescita. Questo punto è fondamentale; tra l’altro muteranno anche i sondaggi elettorali sia di Macron sia di Renzi e altrettanto ma nel senso contrario quelli che riguardano la Lega. Insomma c’è in prospettiva un forte cambiamento politico per il quale pagheranno il costo i Cinquestelle e la Lega.

Infine una legge elettorale che preveda un ballottaggio di collegi uninominali non farebbe che aumentare la tendenza verso un’affluenza maggiore e un ulteriore decadimento del grillismo. Per tutte queste ragioni Renzi non ha alcun interesse ad un voto anticipato perché, da quel che si vede, il tempo lavora per lui.

C’è infine un’ultima ragione. Il presidente europeo Tusk, per ora nominato dal Parlamento su proposta dei ventisette Paesi membri dell’Unione, ha improvvisamente lanciato l’idea di un Presidente eletto dal popolo europeo con funzioni di carattere federale. Lui scade tra un anno, la sua proposta quindi non è di carattere personale ma strettamente europeista. Una proposta analoga l’ha anche suggerita Renzi qualche settimana fa, ma dopo l’iniziativa di Tusk è probabile che Renzi la rilanci ancora. Sarebbe il segno tangibile di una politica che riprende il Manifesto di Ventotene e darebbe immediatamente il senso europeista dell’Italia renziana.

Spero presto in questa probabile novità. Se si verificherà avremo conseguenze positive per il nostro Paese.

Gentiloni sta lavorando molto bene sui temi del lavoro, della cosiddetta manovrina per prepararsi alla legge di stabilità dell’anno in corso e sulla politica estera, a cominciare dall’incontro internazionale che avverrà a Taormina con la partecipazione di Donald Trump. Avrà ancora un anno di lavoro il governo Gentiloni e quindi tutto il tempo per migliorare la situazione interna del Paese.

Ma intanto sta cambiando anche il Pd nella sua interna struttura. Stanno aprendo a nuove collaborazioni e a nuovi apparati, a cominciare da una presenza attiva come vicesegretario del partito di Martina e al coinvolgimento operativo dei due candidati alle primarie.

Qualcuno ha proposto un colpo di scena: alla presidenza del Pd Walter Veltroni. Non so se accetterebbe ma comunque sarebbe un’ottima mossa se Renzi gliela offrisse. Un Pisapia nel governo, per esempio al posto di Martina o in un’altra posizione proposta da Gentiloni. Andrebbe benissimo un Pisapia ministro, la proposta dell’ex sindaco di Milano di un’alleanza tra la sinistra dei dissidenti e il Pd sembra del tutto naufragata e Pisapia dovrebbe trarne le debite conseguenze.

Qualcuno dei miei lettori ha la sensazione che io sia diventato renziano. È possibile, il tempo corre e cambia i pensieri e soprattutto la natura dei fatti.

Posso rispondere con una battuta: se fosse Renzi a pensare come me? Una battuta o un’ipotesi? Si vedrà dai fatti, che sono la vera realtà.

REP.IT

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