Di sola destra non si vince
Emmanuel Macron ha stravinto ed è il nuovo presidente della Francia. Marine Le Pen ha perso, più di quanto si poteva intuire alla vigilia.
Esultano gli europeisti che vedono scongiurato il rischio di un’implosione dell’Unione. Onore alla Le Pen che ci ha provato fino all’ultimo e che ha annunciato una trasformazione del suo Front per provare ad allargare un consenso che da solo non porta a tagliare per primi alcun traguardo.
Il dato politico, interessante anche per le vicende italiane, è proprio questo: i partiti radicali hanno un senso se completano un’offerta politica più ampia ma non possono, né loro né i loro leader, candidarsi ad esserne la guida. Per quanto ampio sia il malcontento, per quanto modesta e deludente sia la classe politica tradizionale, nell’elettorato prevale la paura del salto nel buio. Altrimenti in Francia i non pochi voti raccolti al primo turno da Fillon con i Repubblicani (partito equivalente alla nostra Forza Italia) sarebbero confluiti su Marine Le Pen.
Non è accaduto, come difficilmente la maggioranza dei voti di Berlusconi potrebbero finire a Matteo Salvini o a Giorgia Meloni. Il che non significa che i loro partiti debbano essere rottamati. Anzi, la loro funzione di costante pungolo, la loro capacità di intercettare senza pregiudizi i sentimenti e i bisogni più profondi può contribuire come insegna la storia del centrodestra italiano a non fare perdere alla coalizione il contatto con la realtà.
Prendiamo l’Europa: se Macron, come sembra, terrà la Francia dentro ma chiederà di cambiarne i patti obsoleti e la natura burocratica, il merito sarà anche dell’enorme pressione esercitata negli ultimi anni da Marine Le Pen su questo tema. Ieri non è morto il populismo, è stata archiviata l’idea che il populismo possa essere maggioranza autonoma e il motivo è semplice: sui vagoni si può anche fare casino, ma nella locomotiva il personale deve essere affidabile, di esperienza e rassicurante, altrimenti il deragliamento di tutto il convoglio è assai probabile. Macron lo è? All’apparenza sì, anche se il patto anti Le Pen avrebbe probabilmente fatto vincere chiunque. Sicuramente lo è più della sinistra tradizionale, che ancora prima e molto più della Le Pen è la vera sconfitta di questa tornata elettorale. E questo non ci può che fare piacere.
IL GIORNALE