La nonna di Macron
È sorprendente, ma soltanto un po’, che susciti tanta curiosità Brigitte Trogneux, la moglie di Emmanuel Macron, e non Manette Noguès, la nonna. Soprattutto se l’interesse è antropologico, il rapporto del nuovo presidente francese con Manette non è meno trascurabile di quello con Brigitte. Racconta Macron che, da bambino, finita scuola, trascorreva ogni pomeriggio dalla nonna a imparare la grammatica, la storia, la geografia, a leggere ad alta voce Molière e Racine, Mauriac e Giono. Conoscere la lingua e le sue regole, il suono e il ritmo, non è un fronzolo da damerini, è la base della struttura di una persona.
La nonna diceva che lo studio le aveva cambiato la vita, l’aveva aiutata a comprendere le parole, il loro significato e l’uso, e quindi a comprendere il mondo, quello che era successo e quello che stava succedendo. Spiegava che c’è un cammino che conduce dal lavoro e dal talento al prestigio, e dal sapere alla libertà. Sapere libera dai pregiudizi, mette al riparo dalle falsità da cui siamo circondati, degli avversari e dei falsi amici, e specialmente dalle bugie che raccontiamo a noi stessi per facile e consolatorio innamoramento di un abbozzo di idea. Sapere è emanciparsi, e crescere non è un disvelamento, è una lenta costruzione. Ecco, siccome questi sono concetti molto saggi e suggestivi, ma anche molto elementari, eppure così poco diffusi, più che un Macron a noi servirebbe sua nonna.
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