Usa, “nuovo inizio” per l’Fbi, Trump licenzia il direttore

paolo mastrolilli
New York

Donald Trump caccia il direttore dell’Fbi, James Comey, proprio nel mezzo dell’inchiesta sui rapporti fra la sua campagna elettorale e la Russia. Una mossa che ricorda quella di Richard Nixon, quando aveva cacciato il ministro della Giustizia e il procuratore speciale Cox, che indagavano sul Watergate. La sorpresa però è ancora più forte, perché secondo Hillary Clinton era stato proprio Comey a favorire la vittoria di Trump, rivelando a undici giorni dal voto la riapertura dell’inchiesta sull’uso delle sue mail private quando era segretaria di Stato.

 L’annuncio del licenziamento di Comey è stato dato dal portavoce Spicer, poco prima delle sei di ieri sera, dicendo che il presidente aveva accettato la raccomandazione del ministro della Giustizia Sessions per cambiare il capo del Federal Bureau of Investigation.

La motivazione non è stata subito spiegata, ma sarebbe legata alla testimonianza che pochi giorni fa lo stesso Comey aveva fatto al Congresso riguardo l’inchiesta sullo scandalo mail e la Russia. Parlando al Senato, il direttore dell’Fbi si era detto «nauseato» dall’idea che Hillary lo accusava di averle fatto perdere le elezioni, e aveva rivelato che l’assistente di Clinton, Huma Abedin, aveva inviato centinaia di messaggi classificati segreti al marito Anthony Weiner. Questi messaggi erano stati scoperti durante una inchiesta su Weiner per pedofilia, e avevano portato alla riapertura dell’inchiesta, annunciata da Comey undici giorni prima delle presidenziali. Secondo Hillary, questa rivelazione aveva cambiato l’esito delle elezioni favorendo Trump. L’altro ieri però Comey era stato costretto a cambiare versione, quando aveva dovuto ammettere di aver esagerato il numero delle mail segrete mandate da Abedin al marito.

 

REUTERS

 

Il direttore dell’Fbi sembrava al sicuro con Trump, proprio perché lo aveva aiutato, ma nello stesso tempo aveva aperto un’inchiesta sulla campagna presidenziale del candidato repubblicano, per i sospetti di complicità con gli hacker russi che avevano penetrato gli archivi del Partito democratico, passando a Wikileaks mail imbarazzanti che puntavano a far deragliare la campagna di Hillary. Questa inchiesta era cominciata durante le elezioni, ma non era stata rivelata. Era però diventata pubblica quando il consigliere per la sicurezza nazionale Flynn era stato costretto alle dimissioni, proprio per i suoi rapporti con Mosca e l’ambasciatore russo a Washington, con cui aveva parlato delle sanzioni imposte per l’invasione dell’Ucraina prima che Trump entrasse in carica. Questo aveva alimentato i sospetti di complicità fra la campagna del candidato repubblicano e il Cremlino, su cui l’Fbi stava indagando. Proprio due giorni fa al Congresso c’è stata un’audizione su questo tema, in cui la ex vice ministro della Giustizia Yates ha detto che aveva avvertito Trump del fatto che Flynn era ricattabile dai russi, ma il presidente aveva aspettato giorni prima di licenziarlo. Sullo sfondo di questa intricatissima vicenda ora arriva la cacciata di Comey, che segna «un nuovo inizio per il gioiello della corona delle agenzie di sicurezza». E questo proprio mentre Trump sta valutando se accelerare la guerra in Afghanistan, inviando altri 5000 soldati americani per combattere i taleban e costringerli a trattare con il governo.

LA STAMPA

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