Tra Berlusconi e Renzi la mediazione è un flop

ugo magri
roma

«Era tanto che non lo sentivamo così imbufalito», garantisce chi gli sta intorno. Berlusconi, ieri sera, ululava dietro al suo capogruppo in Senato, Romani, che si era presentato in veste di ambasciatore. Era venuto da Roma dopo che le spie del Cav l’avevano visto lungamente a colloquio con il suo dirimpettaio del Pd, Zanda. E una volta ad Arcore, Romani aveva osato caldeggiare la formula elettorale di cui si parla in campo renziano: una sorta di alchimia concepita da Verdini, un mitologico ircocervo metà maggioritario e metà proporzionale, presentato come ultima offerta nei confronti di Berlusconi, quale prova di estrema bontà.

 Notoriamente di leggi elettorali Berlusconi non si intende. Ma una lampadina si è accesa nella sua mente: «Quella proposta è una truffa, una solennissima fregatura». Costringerebbe Forza Italia ad allearsi con la Lega nei collegi maggioritari del Nord, dove Salvini detterebbe legge. E lascerebbe ai berlusconiani un po’ di briciole solo nella quota proporzionale. L’offerta recapitata da Romani è stata dunque respinta. Anzi, per non lasciare dubbi, l’altro capogruppo «azzurro» Brunetta è andato dal presidente della Commissione dove si sta discutendo alla Camera di riforma.

E a Mazziotti ha chiarito che Forza Italia mai voterà un sistema maggioritario. Visto che pure i centristi di Ap sono sulla stessa lunghezza d’onda, il «Verdinellum» sembra morto prima ancora di nascere perché mancherebbero i numeri per approvarlo in Senato. Alzano le spalle i renziani: «Berlusconi non ci sta? Peggio per lui». Magari oggi in Commissione insisteranno lo stesso. In fondo, a loro interessa dimostrare che il Pd fa il massimo per mettere in sicurezza la legge elettorale. Così Mattarella non potrà prendersela con Renzi se, alla fine, torneremo alle urne con il pasticcio attuale (le leggi emendate dalla Consulta). L’importante è solo votare in fretta.

 

Silvio ritiene che Matteo stia commettendo un terribile sbaglio. Se fosse saggio, lui pensa, dovrebbe gettare le basi per un’alleanza post-elettorale tra le forze «responsabili» contro gli anti-sistema, come ieri suggeriva il dem Franceschini in un’intervista al «Corsera». Ma allora servirebbe, si accalora in privato l’ex premier, un sistema elettorale in grado di «ottimizzare» i risultati dei potenziali futuri partner di governo, in particolare di Forza Italia. Come? Attraverso un premio non alla lista ma alla coalizione, che permetterebbe agli «azzurri» di allearsi con Salvini, mettendo a tacere ogni accusa di «inciucismo», e di sganciarsi subito dopo le elezioni qualora fosse necessario dar vita a una grande coalizione (con la lista unica sarebbe tutto più complicato). Berlusconi spera ancora nel «ravvedimento operoso» di Renzi. Nell’interesse nazionale sarebbe pronto a collaborare con lui, e perfino con Alfano mettendo da parte i rancori. Perché in fondo, assicura Anna Maria Bernini, «non è uomo di risentimenti»: per lui conta anzitutto il risultato.

LA STAMPA

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